martedì 9 ottobre 2007

Jung e l'astrologia (articolo del luglio 1998)


E’ opinione comune presso gli ambienti astrologici che Carl Gustav Jung fosse interessato all’astrologia. Tale interesse è stato – da parte di alcuni psicologi che pure si richiamano al suo pensiero – volutamente ignorato mentre da altri (1) è stato sminuito con l’evidente fastidio di chi teme il discredito che potrebbe derivare dal coinvolgimento in tematiche così poco ortodosse.Del resto, si sa con quanto penoso imbarazzo gli astronomi a tutt’oggi spiegano la passione per l’astrologia da parte di Copernico, Keplero e Galileo (Tolomeo è un caso a parte), motivandola con loro presunte pressanti necessità economiche.Ma per quanto riguarda Jung, è fin troppo facile ristabilire la verità in merito al suo atteggiamento verso la nostra disciplina se solo se ne scorre l’epistolario (2). Egli scrive dunque a Sigmund Freud in data 12 giugno 1911: «Di sera sono molto impegnato con l’astrologia. Sto facendo dei calcoli oroscopici per rintracciarvi il grado di verità psicologica. Fino ad ora ci sono alcune cose strane che a Lei sicuramente devono sembrare incredibili.» E’ da notare che Jung aveva all’epoca 36 anni e gli era ben nota l’avversione di Freud verso «la nera marea di fango dell’occultismo».(3)Ci si può domandare a quali testi il grande psicologo abbia attinto per acquisire le nozioni di base di tecnica astrologica. Poiché conosceva bene sia l’inglese che il francese, non è inverosimile che Jung abbia studiato sui libri si Alan Leo, Sepharial, F. C. Barlet, Fomalhaut, Henri Selva, Paul Choisnard, tutti autori attivi e già ben noti tra fine ‘800 ed inizio ‘900.Per quanto riguarda Paul Choisnard, considerato il padre della rinascita astrologica francese, abbiamo prova che Jung ne conoscesse l’opera, poiché lo cita espressamente nella sua lettera del 29 gennaio 1934 indirizzata al dott. B. Baur. Questa è oltremodo interessante anche perché dimostra che il maestro svizzero riteneva “convalidata” l’astrologia dal punto di vista empirico, pur essendo all’epoca orientato ad attribuirne l’efficacia in base al concetto di “tempo qualitativo”, che abbandonerà in seguito.Scrive invero Jung: «Il fatto che l’astrologia tuttavia fornisce risultati validi prova che non sono le apparenti posizioni degli astri che operano, ma piuttosto i tempi che vengono misurati oppure determinati da posizioni astrali arbitrariamente determinate. Perciò il tempo risulta come un flusso di eventi carico di qualità e non come una concezione astratta o una condizione della conoscenza, come vorrebbe la nostra filosofia.». In quella stessa missiva, Jung mostra poi di disattendere la vecchia obiezione basata sul fenomeno della precessione degli equinozi (a causa della quale le costellazioni non corrispondono più ai segni zodiacali), che anzi imputa «alla teoria primitiva secondo cui sono le stelle stesse ad irradiare certi effetti».
Ma i riferimenti all’astrologia nella vasta opera junghiana non si limitano all’epistolario. Essi sono talmente numerosi che, visti i limiti di queste note, necessita qui contenersi a pochi accenni.Nel 1928, in occasione del Convegno degli psichiatri svizzeri, Jung tiene una conferenza dal titolo “Tipologia psicologica”(4) dove non manca di richiamarsi alle triplicità o trigoni dei quattro elementi per così concludere: «Come poi possa esistere un nesso tra i segni zodiacali e i pianeti da una parte e i temperamenti individuali dall’altra, è una questione che si perde nelle nebbie del più remoto passato e per la quale non esiste risposta».Risposta che il grande studioso ritiene successivamente di individuare nel principio di sincronicità (5). Si veda a questo proposito la risposta del novembre 1945 al questionario del prof. J. B. Rhine nonché la lettera del 6 settembre 1947 all’astrologo indiano B. V. Raman dove, tra l’altro, scrive: «Nei casi di diagnosi psicologiche difficili di solito faccio fare l’oroscopo per acquisire un ulteriore punto di vista da una visuale completamente diversa. Debbo dire che molto spesso ho trovato che i dati astrologici spiegavano certi punti che altrimenti sarei stato incapace di capire».Jung mantiene la stessa impostazione nella lunga risposta datata 26 maggio 1954 al questionario sottopostogli dal francese André Barbault, dove mostra di avere dedicato la propria attenzione anche ai transiti planetari. Infatti alla domanda se egli avesse osservato fasi di resistenza o di progresso nel trattamento analitico in concomitanza con determinati transiti, Jung risponde: «Ho osservato molti casi in cui una ben definita fase psicologica, o evento analogo, era accompagnata da un transito (in particolare quando erano coinvolti Saturno e Urano)».
A questo punto possiamo – pur trascurando di commentare analiticamente le successive lettere al Prof. Hans Bender del 12 febbraio 1958 e 10 aprile 1958 (quest’ultima peraltro assai importante per chiarire quale fosse il pensiero di Jung in merito al principio di sincronicità applicato all’astrologia) – cercare di rispondere alle domande implicitamente poste con queste brevi note, ed affermare, senza tema di smentita, che Jung si è servito dell’astrologia, nel suo aspetto di indagine caratterologica, quale valido ausilio del suo lavoro analitico. E poiché credeva nella realtà di questa disciplina antichissima («sono tentato, quando è il caso, di includere l’astrologia fra le scienze naturali»(6)) ne propose una possibile chiave di lettura ricorrendo al suo principio di sincronicità per concludere però, con l’umiltà propria di chi è grande, che «l’astrologia sembra richiedere varie ipotesi ed io non sono in grado di dichiararmi per l’una o per l’altra. Bisognerà rifugiarsi in una spiegazione mista visto che la natura non si preoccupa della pulizia dei nostri concetti intellettuali» (7).

Articolo pubblicato sulla rivista “Ricerca ‘90” n. 35 - luglio 1998

NOTE
(1) Cfr. A. Carotenuto, Jung e la cultura italiana, Astrolabio, Roma 1977, pagg. 117 e 119(2) C.G. Jung, Briefe, Walter Verlag, Olten 1973 (edizione in lingua tedesca); C.G. Jung, Letters, Routledge & Kegan Paul Ltd., London 1973 (edizione in lingua inglese).(3) Ricordi, sogni, riflessioni di C.G. Jung, BUR, Milano 1979(4) Opere, Vol. 6, Boringhieri, Torino 1981, pag. 527 e segg.(5) “Il fenomeno della sincronicità è quindi la risultante di due fattori: (1) un’immagine inconscia si presenta direttamente (letteralmente) o indirettamente (simboleggiata o accennata) alla coscienza come sogno, idea improvvisa o presentimento; (2) un dato di fatto obiettivo coincide con questo contenuto.” La sincronicità come principio di nessi acausali, Opere, Vol. 8, Boringhieri, Torino 1983, pag. 477(6) Lettera del 10.4.1958 al Prof. Hans Bender(7) Ibidem

Il Canto della Cecità



Ciao a tutti presento il mio primo libro di narrativa edito ormai da un anno per la Edizioni Creativa di Napoli. Il libro è in vendita su
o su richiesta nelle librerie della zona
Se mi chiedessero il perché di questo libro non saprei rispondere. Proverei ad inventare le frasi pur di trovare una spiegazione ma, mi affido al buon senso di chi legge e di chi sa interpretare le parole dell’anima perché, essendo la sua autobiografia, non può essere esplicata con un linguaggio diverso. Il Canto della Cecità ha una gestazione di ben sei anni; è da quando avevo sedici anni che provo a scriverlo ma c’è sempre stato qualcosa che mi ha bloccato, che mi ha impedito la sua stesura, simile ad un vuoto incolmabile che ferma il pensiero. Sovente ho abbandonato il progetto ed ho quasi creduto che fosse impossibile spiegare i propri tormenti, unire razionale ed irrazionale; materializzare lo spirito. Oggi, ad opera conclusa, posso rispondere positivamente a quei dubbi ed ho capito che ci sono momenti speciali che devono essere spiegati con parole altrettanto speciali. Che ci sono sogni che non hanno tempo ed immagini, che hanno bisogno di una critica che superi la razionalità. Che esiste un tempo per ricordare con dolce malinconia, ed un tempo per dimenticare senza avere paura delle conseguenze. Se tutto questo compone l’autobiografia di un’anima, allora io ho provato a scriverla e senza aver paura del dopo, le ho detto:<> Grazie. Martino Ciano. Roma, 24 ottobre 2004
POSTFAZIONE: Il Canto della Cecità non è un’autobiografia dell’autore ma vuol rappresentare un viaggio immaginario che si focalizza sull’Io. Il protagonista, per l’appunto Io è stato creato sulla base di questo presupposto. A chiunque legga si consiglia la sola auto-trasmigrazione nell’opera. Esso è un viaggio per tutti e per nessuno. Motivare il Canto della Cecità è inutile e puerile e poi nessun autore potrebbe mai spiegare il perché delle emozioni che vivono nelle sue parole.
ALCUNI COMMENTI: “Il canto della cecità”… a cosa si fa riferimento?? Di cosa si parla? Qual è il significato di questa “cecità”?? Beh, bisogna dire che la cecità di cui si parla nel libro è tutto altro che patologica, non si ferma alla normale apparenza, ma bensì viene sopraffatta e vinta dalla speranza, che è sempre l’ultima a morire!!! La speranza stessa citata riesce a far sviluppare nel protagonista dell’opera una voglia di ricercare il Bene, una voglia di riconquistare ciò che ha perduto e ciò che non ha mai provato fino a quel momento anche a costo di dover perdere tutto ciò che gli è di più caro, combattendo contro il Male che si annida nel nostro essere già dalla nascita e che si deve provvedere a placare in tutti i modi possibili. L’umanità stessa è cieca, avida di potere, senza cuore e sentimenti, ma con un po’ di coraggio, come è scritto anche nel libro, si riesce a sconfiggere tutto ciò che di oscuro la opprime!!! Leggere questo libro significa intraprendere un’analisi del proprio inconscio, delle proprie emozioni e della propria vita, l’umanità tutta convive ogni giorno con il Bene o con il Male e pertanto se si viene sopraffatti dalla presunzione ecco che nell’individuo c’è l’esplosione totale della perfidia ai danni della clemenza e dell’amore!!! Ogni personaggio è descritto secondo la propria caratteristica, pertanto ad ogni personaggio è legato uno stato d’animo che è il tassello che, insieme agli altri, completa il carattere e la vita stessa del protagonista che ha vissuto fino a quel momento. Le sensazioni che si provano leggendo questo libro sono molte, si viene presi da queste e poi è difficile esserne sottratti…ritengo che sia impossibile che nessuno abbia mai vissuto almeno una delle situazioni descritte nel testo, sono chiari rifacimenti alla realtà effettuale e comunque chiunque ha letto o leggerà questo libro potrà affermare : “Questa situazione l’ho vissuta anch’io !!!!”. Infatti questo libro è caratterizzato da un groviglio di situazioni, ad ogni situazione pertanto è legato uno stato d’animo che facilmente riesce ad arpionarsi al lettore…è un errore comunque catalogare queste situazioni come fantasiose e futili, ciò che pone le basi a tutto ciò è qualcosa di veramente profondo e incolmabile, non sono per niente storielle adolescenziali o giù di lì, nascondono qualcosa di estremamente ampio e di spaventosamente riconducibile alla vita quotidiana di ogni singolo individuo che vive in questo mondo. Viviamo in questo mondo, siamo schiavi e succubi di due grandi fonti di potenza : Bene e Male, ogni uomo ama e odia (lo diceva anche Catullo) e ogni uomo è in grado di fronteggiare le meschinità con la benevolenza se ne è capace e se la sua indole glielo permette!!! Non nascondo di aver letto e riletto il libro per almeno dieci volte e più leggevo più mi affascinava, i miei occhi hanno versato lacrime e il mio cuore si è trovato a dover essere riempito di emozioni straordinarie…l’unica cosa che mi sento di dire è che questo è un libro su cui riflettere molto ed attentamente per coglierne tutti i suoi significati spesso nascosti!!! Con questo esprimo una chiara approvazione verso l’autore, Martino, e verso la sua costanza e la sua ferrea decisione di esprimere tutto ciò tanto da emozionare e coinvolgere chi ha deciso di aiutarlo a rendersi partecipe di questo splendido mondo che è l’arte!!!!!!!!!

che dire per me questo libro è un cristallo che trafigge l’anima e tutti i suoi riflessi fuoriescono dal corpo, prima la paura assale la mente, stravolta dal vedere le forze che indirizzano i comportamenti e le azioni, poi domina la quiete e la calma..si capisce di piu se stessi e ci si rincuora del fatto che a provare certe cose non si è da soli. questo libro è una descizione romanzata e personificata in personaggi ed eventi e immagini di quel complesso intrinseco di forze che si agitano convulse nel nostro intimo. un libro indubbiamente attraente, poetico etereo crudele freddo caldo cinico un misto seducente tra reale e fantasia,razionalità e follia, paura e coraggio il tutto avvolto in uno spesso velo di misticismo di esoterismo di simbologia che al lettore attento e colto sicuramente non può sfuggire. un libro che si legge in un giorno e ti segna per sempre.

Dopo qualche secondo dalla fine della lettura di questo libro, il primo pensiero che illumina la mia mente è il seguente: ” LA CONOSCENZA NASCE DALLA SOFFERENZA “. Un percorso straziante dell’anima, contraddistinto dalla sofferenza e dal dolore, sottolinea la tribolazione e la precarietà umana. L’uomo è come un naufrago sbattuto sulla spiaggia dalle onde impetuosee,e riempie il luogo circostante da un lugubre lamento: come è naturale che avvenga, come uno che nella vita dovrà sopportare tanti mali.Il Canto della Cecità, è simile ad un viaggio dantesco: dall’ Inferno al Paradiso, dal Male al Bene; l’uomo comprende i propri errori durante il percorso, dopodichè raggiunge la conoscenza, l’equilibrio. Complimenti vivissimi per quest’opera che è riuscita, in modo eccellente, a descrivere la storia dell’ anima di ogni individuo…

Thule ed Hess tra politica ed esoterismo (Quello che difficilmente ci racconteranno)

APPROFONDIMENTI VARI






Si è discusso, da più di 60 anni a questa parte, riguardo alcuni misteri del Terzo Reich, come ad esempio l'interesse smisurato del fuhrer e dei gerarchi nazisti per l'occulto, le diverse campagne militari in luoghi remoti, la ricerca degli oggetti del "Potere", le armi segrete in fase di produzione e la straordinaria carica idealogica che veniva esercitata sulle menti delle truppe tedesche. Ebbene, dietro questa facciata nascosta del Nazismo vi è un gruppo esoterico che mise in piedi in pochi anni un regime in grado di cambiare le sorti dell' umanità intera: la Società Thule (Thule Gesellschaft). Il fondatore di questo gruppo fu Rudolph Blauer (che poi mutò il nome in Rudolf von Sebottendorff), un facoltoso tedesco che durante un viaggio in Turchia fu istruito sui segreti della Massoneria, del rosicrucianesimo e del misticismo orientale. Sebottendorff fornì la base esoterica alla Società Thule, la quale nacque ufficialmente nell'agosto del 1918 prendendo il nome dalla leggendaria isola nordica dell'Artico.Secondo la tradizione, la terra di Thule si doveva identificare con l'Islanda, la Scandinavia o la Groenlandia, ed era un'isola abitata da esseri superiori (noti col nome di Ariani o Iperborei) che possedevano facoltà telepatiche e tecnologie avanzatissime rispetto a quelle umane. Il centro più importante della società era Monaco di Baviera, dove venne acquistato anche il quotidiano locale, l'"Osservatore di Monaco", poi rinominato l'"Osservatore del Popolo". Ben presto parecchi personaggi aderirono alla società ingrossandone i ranghi. Il credo nell'anti-semitismo cominciò a prendere piede tra gli affiliati e in seguito si propagò anche nelle menti del volk, il popolo tedesco. Parallelamente, nell'organizzazione si diffusero le teorie razziste e geopolitiche di Lanz von Liebenfels e Guido von List, entrambi profondamente anti-semiti.Altre grandi personalità dell'occulto e dell'esoterismo di inizio Novecento ebbero a che fare con la Thule Gesellschaft: Rudolf Steiner, i sovracitati von List e von Liebenfels, Karl Haushofer, Theodor Fritsch e Madame Helena Petrovna Blavatsky, la più grande medium di tutti i tempi, fondatrice della Società Teosofica. È comunque nel 1919 che la Società Thule mostrò al mondo intero il suo più celebre e illustre iniziato, Adolf Hitler.In quegli anni il futuro fuhrer ebbe come maestro e precettore Dietrich Eckart, uno degli affiliati più brillanti dell'organizzazione, essendo egli a capo dell'edizione di un giornale anti-semita e un esperto occultista. Eckart addestrò Hitler nelle tecniche oratorie, linguaggio del corpo, mimica facciale, e accrescimento dell'autostima, rendendolo così un oratore capace di entusiasmare e ammaliare con i gesti e con le parole la pressochè totalità del volk germanico. Hitler in seguito dedicò il Mein Kampf, la sua opera più importante, proprio al suo mentore Eckart. Dopo essere stato discepolo di quest'ultimo, Hitler ricevette anche gli insegnamenti di Karl Haushofer, professore di geopolitica a Monaco e fondatore della famosa e discussa Società Vril (con l'energia "Vril" dovevano essere alimentate le armi segrete del regime). Di lì a poco gli eventi si succedettero piuttosto rapidamente. Nel 1920 dal Partito dei Lavoratori Tedeschi, fondato l'anno precedente, si formò il NSDAP, il Partito Nazional-Socialista dei Lavoratori Tedeschi, sotto la leadership di Adolf Hitler, che provvedette subito a inserire nelle posizioni più elevate diversi membri della Società Thule. Come insegna del neonato partito fu adottato un potente simbolo antico quanto l'uomo, la svastica. Quest'ultima fu realizzata con i colori tipici dell'alchimia cioè col nero, rosso e bianco e venne rappresentata nella sua versione "destrogira". L' idea di utilizzare la svastica fu proposta da un altro membro della Società, il ricco Dottor Krohn.Hitler riuscì dunque a ottenere il potere, riscosse vastissimi consensi tra la popolazione e assunse il titolo di fuhrer, il condottiero. Egli creò corpi armati con lo specifico compito di recuperare l'Eredità Ancestrale (le SS Ahnenerbe), assoldò esperti come Otto Rahn per cercare il Santo Graal e finaziò le spedizioni in Tibet per entrare in contatto con i "Maestri Segreti", le entità superiori che comunicavano telepaticamente con la Blavatsky e che quest'ultima sosteneva abitassero nella regione Himalayana, probabilmente tra Tibet e Nepal. Inoltre, è interessante notare che durante la Seconda Guerra Mondiale Hitler e i suoi uomini cercarono sempre di evitare lo scontro diretto con l'Inghilterra e lavorarono diplomaticamente per la non-belligeranza tra le due Nazioni, dato che le capitali "magiche" europee erano proprio Berlino e Londra. È anche risaputo che Aleister Crowley, il grande mago britannico, tentò più volte di mettersi in contatto con il fuhrer per via della potenza spirituale di questi e della capacità di suggestionare che possedeva. In questo modo si potrebbe fornire una spiegazione abbastanza coerente ai fatti "singolari" elencati a inizio pagina, magari facendoli combaciare con le dottrine di regime della Terra Cava e con la leggenda del regno sotterraneo di Agarthi. Su questo purtroppo non siamo ancora in grado di pronunciarci, come del resto su molti altri misteri della storia. Possiamo solo fornire date, nomi ed eventi, ma probabilmente la verità sarà stata opportunamente oscurata e ci rimarrà ignota ancora per molto. Fatto sta che la Società Thule costituì il nucleo primigenio del Partito Nazionalsocialista (non a caso i primi sostenitori di Hitler furono i suoi "fratelli" affiliati alla medesima organizzazione) e che fece un tentativo per far approdare l'umanità a un Nuovo Ordine Mondiale, di cui il fuhrer ne sarebbe stato il capo। Indubbiamente fallì questo tentativo, ma la Thule Gesellschaft riuscì a creare, per la prima volta nella storia e seppur indirettamente, un vero e proprio Stato magico-esoterico o comunque un regime caratterizzato da una cosciente e consistente natura occulta।
Rudolf Hess

"Ho avuto la fortuna di vivere molti anni della mia vita a fianco di uno degli uomini più grandi che il mio popolo abbia mai espresso nel corso della sua storia millenaria. Sono felice ed orgoglioso di aver fatto il mio dovere come tedesco, come nazionalsocialista, come fedele al Führer. Non rimpiango niente. Se dovessi ricominciare, agirei nello stesso modo: anche sapendo che alla fine della mia vita mi aspetta il rogo. Poco mi importa di ciò che possono farmi gli uomini. Comparirò davanti all'Onnipotente. E' a lui che debbo rendere conto, e so che mi assolverà."
Rudolph Hess Norimberga 31 agosto 1946

Sabato 10 maggio 1941, un giorno qualunque nel drammatico contesto delle vicende del secondo conflitto mondiale, diviene una data destinata ad entrare nella storia: alle 6 del pomeriggio, un Messerschmitt 110 tedesco decolla dall’aeroporto militare di Augusta; trascorse poche ore lo stesso aereo, attraversa il mare del nord e, dopo aver eluso il controllo della RAF, immergendosi nella nebbia, sorvolando la contea del Lancashire, atterra in Gran Bretagna, presso il villaggio di Heaglesham, posto nelle vicinanze del castello di Dungavel, residenza del duca di Hamilton, lasciando dietro di sé il suo pilota, catapultatosi fuori col paracadute.
Ai soccorritori, accorsi al suo capezzale, il misterioso aviatore dichiarò di chiamarsi Alfred Horn e di avere un messaggio urgente per il duca di Hamilton.
Ma quell’uomo non era una persona qualsiasi, né tantomeno quell’Alfred Horn che aveva detto: quell’uomo era infatti Rudolf Hess, il delfino del fuhrer, il camerata della prima ora, l’amico fidato cui Hitler dettò, nel carcere di Landsberg, il mein kampf.
Veniva così a determinarsi uno dei più grandi misteri della storia, ancora oggi irrisolto e che continua a dividere gli storici circa le sue ragioni.
Cosa ci faceva il potentissimo Rudolf Hess nella nemica Inghilterra? Hitler era o meno al corrente di quel volo? Quali furono i reali motivi di quel viaggio? In quale maniera ebbe ad incidere nella decisione del vice-fuhrer il misterioso legame ed intreccio del nazional-socialismo con il mondo dell’esoterismo?
L’unica certezza è che il solo testimone in grado di chiarire la portata di quella decisione, ossia lo stesso Hess, ha lasciato questo mondo il 17 agosto 1987, con la morte avvenuta nel carcere di Spandau, anch’essa circondata da enormi dubbi e da un profondo alone di incertezza; fu morte naturale o suicidio? E perché si sarebbe dovuto eliminare un vecchio di 93 anni ormai totalmente scollegato dalla realtà? Forse per rimuovere per sempre la verità su quel tenebroso viaggio avvenuto ben 46 anni prima?
Come si vede si può ben parlare di caso Hess e dagli enigmi di un uomo le cui vicende sono state, sono e saranno sempre avvolte dal più profondo mistero, andando ad incrementare i già fitti, macabri vincoli del regime della svastica con componenti esoteriche e con il mondo dell’occulto.
Per capire qualcosa in merito a questa vicenda, bisognerà pertanto attendere il 2017, anno in cui sarà finalmente possibile accedere al famoso dossier Hess, che, per il momento, congelato negli archivi inglesi, rappresenta soltanto uno spettro in attesa di concretizzarsi, come se dovesse celare un qualcosa di sconvolgente.
Secondo quanto già indicato in precedenza, varie teorie sono state avanzate su quel viaggio e la più seguita ed accreditata avrebbe voluto un Hess, caduto in disgrazia agli occhi del suo grande amico Hitler, tentare di riabilitarsi, cercando, all’insaputa dello stesso Hitler, di esaudire quello che credeva il desiderio del fuhrer di concludere una pace con l’Inghilterra, per poi attaccare e distruggere il grande nemico bolscevico.
In più di una occasione Hitler aveva infatti manifestato i suoi propositi di amicizia con gli inglesi, a cominciare dal 24 maggio 1940, quando, dopo la dilagante guerra lampo, in grado di travolgere, nel giro di poche settimane, gli eserciti alleati, diede, a Charleville, l’ordine di non attaccare il corpo di spedizione inglese, schiacciato, senza alcuna possibilità di fuga, nel porto di Dunkerque, in attesa di reimbarcarsi per la madrepatria, insieme ai resti delle truppe francesi.
Hitler avrebbe ben potuto annientare le forze alleate ed anche attaccare un’Inghilterra pressoché priva di difese, ma non lo fece.
Probabilmente dietro a quella sorprendente decisione, vi fu la volontà di Hitler di attirarsi la benevolenza di quello che considerava uno stato amico e che era stato costretto a combattere a malincuore.
Più d’una volta il fuhrer si espresse in termini positivi nei confronti dell’Inghilterra e che facevano ben comprendere il suo proposito di unire in alleanza i due grandi popoli del nord.
Alcune testimonianze delle convulse fasi della ritirata di Dunkerque riferiscono che "...quando Hitler visitò il quartier generale, ci stupì parlando con ammirazione dell'impero britannico, della necessità della sua esistenza e della civiltà che la Gran Bretagna aveva portato nel mondo. Paragonò l'impero alla chiesa cattolica e disse che erano entrambi elementi essenziali della stabilità del mondo. Asserì inoltre che dalla Gran Bretagna voleva solo il riconoscimento della posizione tedesca nel continente"; "Il Fuhrer è terribilmente nervoso. Spaventato dal successo, non ha il coraggio di sfruttare la situazione e vorrebbe metterci le briglie"; altri raccontano che in una circostanza Hitler, seduto a tavola, esclamò rassegnato " che cosa devo fare per ottenere la loro amicizia"?.
Hess pertanto avrebbe deciso, sulla base di un presunto tacito consenso del suo grande amico, di prendersi la responsabilità di avviare le trattative con il governo di Sua Maestà al fine di ottenere una pace separata, ma le cose gli andarono male, sia in Gran Bretagna, sia in patria, ove la sua missione sconvolse l’opinione pubblica, i gerarchi e soprattutto lo stesso fuhrer, il quale nell’apprendere la notizia sarebbe scoppiato in lacrime.
All’indomani di quella clamorosa missione, Hitler, senza alcun rimpianto o remora, sconfessò pesantemente il suo ex delfino, con un comunicato radio ove fu durissimo, parlando di profonde turbe psichiche dalle quali sarebbe stato afflitto il camerata Hess; dopo anni e anni di simbiosi, terminava dunque brutalmente la profonda unione tra i due personaggi, che avevano vissuto, dalle primissime origini, la parabola ascendente del nazismo, a partire dalla misteriosa ed enigmatica setta esoterica Thule, da cui aveva tratto origine il partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi.
Fin qui la versione più accreditata tra i vari storici, ma ci sono delle correnti minoritarie, tra cui quella autorevole sostenuta dall’architetto Wolf Rudiger Hess, figlio di Rudolf Hess e suffragata dall’illustre storico tedesco, Ulrich Schlie.
In un articolo scritto per la Welt am Sonntag il figlio del numero due del III reich parte dal suo desiderio di far chiarezza sulla morte del padre, che, in luogo del suicidio, sarebbe stato ucciso, proprio per coprire la verità sui misteri legati alla sua missione del 10 maggio 1941.
L’architetto Hess sottolinea innanzitutto come le ultime lettere ricevute dal carcere, non evidenziavano alcun riferimento a propositi di suicidio; ma l’elemento determinante per dimostrare l’assassinio del leader nazista verrebbe dalla seconda autopsia che la famiglia affidò a un autorevole medico legale di Monaco, il professor Wolfgang Spann.
Il dottor Spann, annotò infatti che: "Le risultanze dell'indagine nel caso Hess ci autorizzano a dichiarare che quanto in un primo tempo sostenuto dalle autorità militari britanniche non può essere avvenuto". Le fotografie del cadavere, infatti, "mostrano senza possibilità di dubbio" una grave contraffazione delle prove esibite dagli inglesi: "Il segno lasciato sul collo dalla corda è totalmente orizzontale, mentre nel caso di un suicidio per impiccagione con la corda attaccata alla griglia di una finestra (così fu trovato Rudolf Hess), il segno dovrebbe essere di forma triangolare, e correre dal basso verso l’alto".
Secondo il figlio di Hess, pertanto, la versione inglese, che parla di un suicidio derivante dall’insofferenza per le molestie riservate dai sorveglianti, non convince ed è difficile in realtà dargli torto:
l’ultimo gerarca di Hitler era vigilato 24 ore su 24 da un reparto di 54 persone, all’interno di un carcere, quello di Spandau, che poteva contenere 600 prigionieri e ove questi era l’unico detenuto; senza contare che Hess era ormai un vecchio confuso, pressoché incapace di intendere e di volere e, particolare da non trascurare, indebolito e fiaccato nel fisico dai suoi 93 anni.
Di certo, qualora realmente il vice-fuhrer si fosse tolto la vita, c’è un particolare sorprendente, che denoterebbe un ultimo squarcio di inquietante lucidità, all’interno di una mente ormai assente:
Hess è infatti deceduto il 17 agosto 1987, nel giorno del settantesimo anniversario dalla fondazione della misteriosa società Thule, da cui tutto si originò.
Tornando alla versione di Wolf Hess, che avalla, come sopra riportato, quella dall’illustre storico tedesco, Ulrich Schlie, gli alleati avrebbero pertanto volutamente chiuso la bocca al padre, per impedire che venissero a galla i reali retroscena di quel misterioso volo.
L’architetto sostiene infatti che la missione fu preparata dettagliatamente dal padre e dallo stesso Hitler, i quali avrebbero agito, come ai bei tempi, in perfetta sintonia tra di loro; ciò sarebbe suffragato dal contenuto dell’ ultima lettera inviata da Rudolf al suo fuhrer, scritta quando il piano di una pace separata era ormai svanito"Mio Fuhrer, muoio nella convinzione che la mia ultima missione, quand'anche conclusa dalla morte, porterà dei frutti. Probabilmente il mio volo provocherà, nonostante la mia morte o per l'appunto grazie alla mia morte, la comprensione con l'Inghilterra. Heil Hitler, il vostro fedele H.".
Quale motivo avrebbe dovuto avere Hess per compilare una lettera del genere, diretta ad un uomo profondamente adirato e nella quale non è dato denotare un minimo segnale di pentimento o di scusa?
Hitler sarebbe pertanto stato perfettamente a conoscenza del piano e la sua reazione soltanto una strategia palesemente volta a salvaguardare l’immagine del regime e la sua intransigenza verso i nemici.
Non si può inoltre fare a meno di osservare come il viaggio di Hess, sia avvenuto nell’imminenza dell’"Operazione Barbarossa" contro l’Unione Sovietica di Stalin, considerata il vero obbiettivo della guerra, in forza della lotta al comunismo e dell’applicazione della teoria dello spazio vitale ad est, dell’espansione cioè del popolo ariano verso i territori dell’est Europa, in ragione degli insegnamenti di uno dei personaggi che maggiormente influenzarono, nell’immediato dopoguerra, sia lo stesso Hess che Hitler, ossia il professore di geo-politica Karl Haushofer.
Una pace separata con l’Inghilterra sarebbe stata oro colato per il grande reich, che avrebbe in questo modo avuto l’occasione di attaccare indisturbato il nemico bolscevico, evitando di combattere su due fronti, come avvenne per l’impero di Guglielmo II, durante la prima guerra mondiale.
Si può facilmente supporre che, al fine di attuare questo proposito, Hitler, che non poteva esporsi pubblicamente, avesse bisogno di un uomo cui riservare la più cieca e totale fiducia, di un uomo che non l’avrebbe mai tradito e chi meglio del grande amico e camerata Hess poteva incarnare questa figura? Chi meglio dell’uomo che fin dall’inizio aveva dimostrato ad Hitler, una devozione talmente morbosa da indurlo a seguirlo in prigione rinunciando alla libertà quando, dopo il putsch, riuscì a trovare la fuga? Chi meglio dell’uomo che scrisse di pugno, dietro dettatura, il "mein kampf"?
Hitler scelse pertanto il suo più fedele seguace per eseguire la delicatissima missione di attuare quanto concertato a tavolino, per un piano i cui dettagli resteranno sempre avvolti nel mistero e che ha dato adito a molte supposizioni, alcune delle quali vanno oltre l’ipotesi di una semplice pace con il governo di Sua Maestà.
A conferma di ciò lo stesso Wolf Hess ci fornisce ulteriori particolari circa i dettagli di quello che, secondo lui, era il vero piano elaborato, lo si ripete, dal fuhrer e da suo padre; quel volo non doveva portare, come i più suppongono, ad una trattativa con l’esecutivo inglese in carica, in quanto Churchill avrebbe rifiutato ogni apertura, ma avrebbe avuto il fine di fomentare un vero e proprio colpo di stato, favorente il cosiddetto "gruppo della pace", indirizzato alla conclusione dell’auspicato accordo; tale tesi è stata sponsorizzata anche dallo storico esperto di questioni di spionaggio e intelligence, David Stafford, in "Rudolf Hess: the Flight to Scotland".
Invece lo storico Peter Padfield, autore di "Hess: the Führer’s Disciple", pur concordando con la teoria del perfetta sintonia tra Hess e Hitler circa l’esecuzione di quel viaggio, azzarda l’ipotesi che i due siano stati vittima di un diabolico piano elaborato da un’organizzazione segreta di propaganda creata dal governo inglese e dal nome "Political Warfare Executive", pronta a creare, agli occhi degli stessi, la parvenza di un prossimo colpo di stato a favore del sopraccitato "gruppo della pace", di chiare tendenze filo-naziste e dunque prossimo a cessare le ostilità, in vista di un imminente attacco in massa contro l’Unione Sovietica.
Senza tralasciare le tesi più suggestive, come quella indicata da Stephen Prior, Clare Pcknett e Clive Prince, esposta in una lunga inchiesta a puntate sul quotidiano "Mail on Sunday", in un libro ("Double Standards") ed in un documentario televisivo ("Hitler and Hess"), secondo cui Hess sarebbe morto, nell’agosto 1942, nello stesso incidente in cui perse la vita l’allora Duca di Kent, il fratello più giovane di re Giorgio VI, con cui l’ex camerata della prima ora era da tempo impegnato in colloqui di pace.
La vicenda avrebbe poi raggiunto livelli grotteschi con la sostituzione di Hess con un sosia, per nascondere la reale dinamica dei fatti, ipotesi sostenuta anche da Hugh Thomas, il medico legale che lavorò a Spandau negli anni Settanta.
Secondo le convinzioni del dottor Thomas, Hess sarebbe stato abbattuto dalla RAF, durante il suo volo in Inghilterra e sostituito, per l’appunto da una controfigura, eliminata scientemente a Spandau nell’agosto del 1987, per coprire la verità dei fatti, che, se venuta a galla, avrebbe rivelato la volontà del governo di Sua Maestà di scendere a patti con il III reich.
In questo quadro enigmatico si inserisce pure la componente esoterica che aggiunge pagine di ulteriore mistero alla già misteriosa missione di quel 10 maggio 1941.
Come noto Hess, come Hitler, nell’immediato dopoguerra, ebbe stretti legami con misteriose società esoteriche ed in particolare con la società Thule, cellula embrionale del partito nazional-socialista.
Tutta la vita di Rudolf Hess è contrassegnata dal suo profondo legame con il mondo dell’occulto, anche dopo l’ascesa al potere del fuhrer, fino alla sua morte, avvenuta nel settantesimo anniversario di quella Thule di cui aveva fatto parte; particolare risalto ha avuto pertanto anche l’ipotesi che Hess fosse in contatto con sette esoteriche inglesi, pronte ad aiutare il nazional-socialismo nei suoi propositi di pace separata; in questo inquietante quadro, spunta la macabra figura di Aleister Crowley, la Grande Bestia dell'Ordo Templi Orientis, che avrebbe fatto parte dei personaggi in stretto rapporto con Rudolf Hess.
Quella sconvolgente missione sarebbe stata pertanto accompagnata da motivi sommersi, avvolti dal mistero e talmente pregiudizievoli da indurre le autorità alleate ad organizzare l’uccisione del gerarca nazista, avallata da Wolf Hess, Ulrich Schlie, dal dott. Thomas e sulla quale è intervenuto anche l'ex direttore americano del carcere di Spandau Eugene Bird, la cui testimonianza e le cui parole lasciano poco spazio ad eventuali dubbi:
"Rudolf Hess fu assassinato. Il suo non fu un suicidio. La storiella del suicidio fu assurda. Come poteva un vecchio, ormai incapace persino di allacciarsi le scarpe e di impugnare le posate, appendere una corda vicino al soffitto e passarsela intorno al collo?"
Secondo lo stesso Bird, il delfino di Hitler sarebbe stato strangolato da un guardiano americano di colore, Anthony Jordan, in una baracca del giardino del carcere, distrutta prontamente due ore dopo il fatto.
I mandanti dell’omicidio sarebbero da individuare nei servizi segreti britannici i quali non solo temevano che Gorbaciov, in linea con la sua politica riformista e di disgelo, decidesse di liberare il prigioniero ma anche, come sopra indicato, che venissero alla luce i reconditi e celati, reali motivi della sua missione in Inghilterra, in grado di nuocere all'immagine di Churchill e di svelare verità nascoste riguardanti le vicende del secondo conflitto mondiale.
Queste preoccupazioni avrebbero giustificato l’eccessivo zelo delle autorità alleate in merito alle severissime misure di sicurezza circa la prigionia di un uomo ormai innocuo e pressoché incapace di intendere e di volere:
oltre a vivere in una cella di m. 2,70 x 2,30, che prendeva luce da un’unica finestra, oltre ad essere sorvegliato a vista da un gruppo di oltre 50 guardie, ad Hess erano solo concessi due minuti al mese di colloquio con la moglie e il figlio alla presenza di un guardiano; evidentemente forte era il timore che qualcosa potesse trapelare, sconvolgendo quelle che erano ritenute e sono ritenute tutt’ora certezze ormai acquisite in merito ai drammatici avvenimenti che per ben 6 lunghi anni, sconvolsero il mondo, fino alla caduta del nazional-socialismo.
Rudolf Hess, l’enigmatico Hess, l’iniziato nero del III reich, continua dunque a far parlare di sé, come in vita, anche dopo la sua scomparsa:
quel che è certo è che l’unica ragione della sua esistenza era solo e semplicemente, non tanto il partito nazional-socialista, ma Adolf Hitler stesso, in una contemplazione quasi maniacale, in una devozione assoluta, per la quale immolò la sua stessa libertà, da quel giorno di maggio del 1941, fino alla morte avvenuta nel 1987; in questo quadro di misteri, appare comunque evidente che Hess, anche qualora quell’azione fosse stata concertata con lo stesso Hitler, non tradì mai il suo grande amico, mantenendo fino all’ultimo la consegna del silenzio e non facendo parola con nessuno sugli inquietanti risvolti del suo misterioso viaggio; la sua totale sottomissione all’amato fuhrer rappresenta l’unica certezza di questo macabro quadro così come la sua fedeltà fino alla morte per quanto fatto e compiuto per la gloria dell’aquila nazista.
In attesa dell’apertura, nel 2017, di quel famoso dossier।
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di Martino Ciano