venerdì 28 settembre 2007

Chiamatemi i Comunisti, Tortora e il PD ovvero i nuovi democristiani (in uscita su Echi dal Golfo di Martino Ciano)



Le grandi battaglie non sono per i pochi ma per i molti ed ognuno deve prendersi le proprie responsabilità affinché le cose cambino. La lotta attiva non si fa con i manifesti o i cambi di partito ma si fa da dentro con le proposte utilizzando qualsiasi mezzo, dal più ortodosso a quello più violento. L’ideologia dei compagni è mutata nel tempo tanto da affidarsi alle mezze frasi fatte che non fanno più tendenza ed il meschino messaggio che il nuovo PD vuole formare è un offesa all’evoluzione dei compagni, anzi è la loro devoluzione. Ciò che più mi rammarica è il loro pugno alzato che ancora li perseguita, per poi abbracciare nel nome della popolarità e della giusta causa la falsa idea della globalizzazione ad opera dei sionisti e dei falsi massoni americani. Il coevo di simboli balordi che ancora albergano nei loro cuori è simile alla rottura dell’Unione sovietica, un popolino di politici che cerca di creare una coscienza collettiva che è simbolo del passato i cui buchi vengono tappati con immagini esterne, di altre ideologie a loro lontane. Ma andiamo con ordine.

1.Il perché di una scelta: L’indegna comunione si è consumata anche nel nostro paese e portatori di questo sono stati sempre loro, i compagni che dovevano difendere a spada tratta il proletariato. Non è sbagliato parlare ancora di classe proletaria, soprattutto a Tortora o in Calabria. La famosa coscienza di classe non si è assolutamente formata ed ancora il padroncino che dona lavoro, è colui che va ringraziato e stimato, qualsiasi stipendio si percepisca , dal più misero al più modesto (perché il giusto non viene mai percepito). Si ringrazia con il capo basso e il rancore soffuso nel cuore. Dove sono in questo caso i comunisti o la sinistra moderata? Dove sono i grandi uomini che dovrebbero farsi portavoce di libertà ed uguaglianza? Non è questa schiavitù? A chi compete la risoluzione di certi problemi? Non preoccupatevi gente: grazie al PD che abbraccerà una linea quasi democristiana anche loro potranno dire che ci penserà Dio stesso a risollevare le vostre sorti, continuate a pregarlo e i vostri affitti o i vostri mutui saranno pagati da lui. Se vostro figlio non ha avuto la possibilità di studiare e deve sottomettersi al sistema, non preoccupatevi, è la volontà di Dio a volere questo e nessun altro. Un contentino misero che ancora fa breccia e ricordate: Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato!

2.I compagni del portafoglio: Il nuovo PD come i vecchi DS, dovevano stare al servizio del popolo, ma cosa hanno fatto per il popolo? Nulla! Tocchiamo il tasto dolente, quel tabù che nessuno smuove che si ha paura di nominare. Il lavoro è un diritto che si acquisisce. Dove sono i comunisti ed i compagni, quando un padre di famiglia firma buste paghe da 1.500 euro e poi ne porta a casa solo 800 o forse 900, lavorando 12 ore al giorno; lavorando senza diritti, senza feste, senza soste. Cosa fanno i compagni quando anche chi ha diritti se ne abusa e caccia fuori la sua vagabondaggine? Cosa dicono ai tanti dipendenti statali che dovrebbero essere raddrizzati perché sono solo poltroni e nulla facenti (non tutti sia ben chiaro, ma si sa che sono sempre i pochi a guastare tutto)? Dove sono i compagni quando quel povero padre o quella povera madre, devono ingoiare lacrime amare, soprusi ed altro, per portare un po’ di dignità ai propri figli? Dove sono i compagni quando il pane costa così caro, tanto caro da valere più della stessa dignità dell’uomo? Cos’è questa fantascienza? Certo che no, la si vede quotidianamente! Ma i compagni mettono solo i loro manifesti. Tanti hanno fatto il salto di qualità. Sono borghesi ormai, occupano posti di rilievo, mangiano alle spalle dello stato sociale (l’unica cosa che sanno fare da comunisti), fanno gli ideologi per il bene di tutti. Ricordo ancora quando ero nei DS, durante la campagna elettorale, parlando con un “compagno sindacalista” gli dissi di inserire nel programma un tema di attualità, quello del lavoro sommerso, di attuare politiche di controllo verso tutti quegli extracomunitari che lavorano per quattro soldi, facendo perdere il posto di lavoro a tanti italiani che con 400euro al mese campano si e no, 2settimane. Inoltre sono loro e solo loro la prima causa di degrado e blocco dell’economia (e senza che mi date del razzista) ma che vengono anche sfruttati, tant’è vero che a guardarli mi si stringe il cuore. Il buon compagno disse “Beh hai ragione ma tocchiamo un tasto troppo dolente, che ci farebbe più perdere che non guadagnare”. Beh come non dargli torto, alla fine anche tra i compagni c’erano forse gli sfruttatori? In fondo romeni e polacchi cosa sono se non ex-comunisti, quindi prima c’era mamma Russia e Ceauçescu, ora ci sono gli italiani comunisti.

3.Dio è morto per aver amato troppo gli esseri umani: Così diceva Nietschze! Quindi anche i comunisti tortoresi hanno scelto il PD, perché il vecchio partito è morto per aver troppo amato l’operaio! Su tortoresi, su Calabria, cominciamo a far valere i nostri diritti. Andiamo in piazza, diamo dimostrazione a tutti di non aver padroni, non andiamo più al nord ma cresciamo qui. Lontano dai codardi che pur di mantenere i loro voti mangiano alle nostre spalle. Le lotte si fanno attivamente, non con i manifesti o le grida, si combatte anche a suon di pugni e calci. Non si deve dare tregua a chi ci comanda, il popolo è sovrano, tutti ne hanno paura. Quando i francesi lo capirono ecco la rivoluzione che tagliò le teste coronate, che mandò via il clero mangione e che era altruista solo per se stesso. Alla fine anche quella degenerò e non servì più a nulla, infatti a noi non ci servono nuovi Robespierre, ma i nuovi Nenni, Berlinguer e Gramsci e perché no anche i nuovi Mussolini e Hitler, perché se ne può dire di tutto ma sempre dal socialismo provengono, ed hanno dato un senso d’appartenenza vero all’individuo riqualificandolo nel ruolo di diritto/dovere, almeno nella prima fase dei loro governi poi anche loro hanno solo fatto danni (ma a tanti questo non interessa dirlo, perché fascismo e nazismo = male dell’umanità. Concezione che si è creata per merito di coloro che hanno solo letto il rosso e mai il nero. Non è meglio leggere entrambi affinché si abbia coscienza nel sottolineare sbagli e cose buone di entrambi?). Oggi si crea solo carne da macello; i compagni non sanno di niente e le loro vomitevoli coalizioni non daranno sbocchi se non ai loro clienti. Questo è oggi il compagno, quello che vive con il mito di Marx in un mondo americanizzato, che spaccia per moderno modelli di società simili a quelli di Cuba, che ancora si emoziona davanti alla falce e martello, strumenti che nessuno più usa, per poi sedersi dietro una scrivania, mangiare il pane del popolo e sbadigliare dicendo che è stanco (forse di non far nulla!). I veri socialisti e comunisti, sono quelli come mio nonno, che andava attaccando manifesti di notte e si è fatto pure 3ore di fermo, i veri socialisti e comunisti non esistono più, si sono ingrassati, si sono arricchiti ed hanno sistemato con la tessera del partito i propri figli; sono imprenditori che sfruttano e la Calabria ne è piena! Basta signori, questa situazione deve finire! Le verità e le certezze bisogna costruirsele, via le ideologie preconfezionate e i partiti! Il popolo non deve avere paura di gridare il suo disappunto, i comunisti e tanti come loro hanno fallito, a Tortora ci sono solo i vecchi con le loro pensioni, i giovani fuggono e a nulla servono i proclami dei nuovi leaders perché nessuno li seguirà mai. Hanno idee inutili, senza modernità, non hanno coraggio! Ci vuole coraggio per dire la propria ci vuole fegato per contestare i soprusi che quotidianamente si vivono. Le poche voci fuori dal coro vengono intimidite perché chi dice una delle tante verità è un problema, anche Cristo diceva la verità delle verità ed infatti l’hanno messo in croce! Basta con la vita da ignavi, basta con il precariato morale che stiamo vivendo! E’ giusto dire che non tutti i compagni sono così, ma come detto i pochi rovinano la piazza ed i molti non facendo nulla per correggerli sono colpevoli anche loro. Anche per il popolo vale questo, i pochi che gridano allo scandalo sono sommersi dalle tante anime silenziose, ma né i pochi, né i molti si raddrizzano a vicenda! Quindi colpevoli tutti, ancora una volta, Tortora e la Calabria è causa del proprio male. Ma io ancora spero!

Omaggio a Giulio Evola



Evola nacque da una famiglia siciliana di nobili origini. Le poche notizie sui suoi anni di formazione si possono ricavare dalla sua autobiografia (Il Cammino del cinabro): «Nella prima adolescenza si sviluppò in me un interesse naturale e vivo per le esperienze del pensiero e dell'arte. Da giovinetto, subito dopo il periodo di romanzi d'avventure, mi ero messo in mente di compilare, insieme ad un amico una storia della filosofia, a base di sunti. D'altra parte, se mi ero già sentito attratto da scrittori come Wilde e D'Annunzio, presto il mio interesse si estese, da essi, a tutta la letteratura e l'arte più recenti. Passavo intere giornate in biblioteca, in un regime serrato e libero di letture. In particolare, per me ebbe importanza l'incontro con pensatori come Nietzsche, Michelstaedter e Weininger.» Si espresse inizialmente nell'arte della pittura, aderendo alle tendenze artistiche più moderne. Entrò in contatto epistolare con Tristan Tzara e divenne uno dei principali esponenti del Dadaismo in Italia. Nell'ambito della poesia entrò in contatto con Gottfried Benn e Filippo Tommaso Marinetti quindi s'interessò al Futurismo. Malgrado i suoi contatti con l'ambiente futurista romano, F.T.Marinetti, dopo aver letto uno scritto del giovane Evola pare abbia detto: Le tue idee sono lontane dalle mie più di quelle di un esquimese. Marinetti non era tanto lontano dal vero. Nel 1917 partecipò alla Prima guerra mondiale come ufficiale di artiglieria, pur essendo affascinato dai grandi imperi come quello austro-ungarico contro cui combatteva. Rientrato a Roma dopo il conflitto attraversò una profonda crisi esistenziale e lui stesso riporta (sempre in Il cammino di cinabro) di essersi deciso a 23 anni al suicidio:«Questa soluzione fu evitata grazie a qualcosa di simile ad una illuminazione, che io ebbi nel leggere un testo del buddhismo delle origini. Fu per me una luce improvvisa: in quel momento deve essersi prodotto in me un mutamento, e il sorgere di una fermezza capace di resistere a qualsiasi crisi.» Questo suicidio mancato fu per Evola il momento di passaggio più significativo: morte all'arte e alla poesia, che infatti abbandonò nel 1921 e nel 1922, e nascita alla filosofia. Terminò nel 1924 la Teoria e Fenomenologia dell'individuo assoluto, che aveva iniziato a scrivere già in trincea e che venne pubblicata in due volumi nel 1927 e nel 1930. In questo testo Evola si interessa delle dottrine riguardanti il sovrarazionale, il sacro e la Gnosi, con l'obiettivo di tentare il superamento della dualità io/non-io. Il suo interesse verso le tradizioni orientali si manifestò in L'uomo come potenza, pubblicato nel 1926, dove compariva una concezione dell'io ispirata dal Tantrismo: l'io si identifica con il mondo percepito e viceversa; l'attaccamento al mondo sensibile costituisce il "velo di Maya", che si deve sollevare per fondersi nell'"Unità". In quest'epoca Evola frequentava i circoli esoterici e spiritualisti romani e partecipava alla vita della Roma notturna, intrattenendo un tempestoso rapporto sentimentale con Sibilla Aleramo (narrato nel romanzo della scrittrice Amo dunque sono del 1927). Iniziò inoltre a interessarsi di politica: nel 1924 partecipò alla redazione di Lo Stato democratico, un testo contemporaneamente antifascista e antidemocratico, e tra il 1924 e il 1926 collaborò a riviste come Ultra, Bilychnis. Ignis, Atanor. Tra il 1927 e il 1929 fu il coordinatore del "Gruppo di UR" , che si occupava di recerche sulle tradizioni extra-europee: un'antologia dei fascicoli editi venne più tardi pubblicata in tre volumi nel 1955-1956, con il titolo Introduzione alla Magia quale Scienza dell'Io. Nel 1928 pubblicò un libro che gli procurò grande fama, Imperialismo pagano, nel quale attaccava violentemente il Cristianesimo e si rivolgeva verso il Fascismo, al quale lo accomunava la volontà di ritrovare l'antica grandezza della civiltà romana, ma che tacciava di eccessiva democraticità. «non ci s'illuda: il fascismo non fa che proclamare tali valori (valori di gerarchia) ma di fatto mantiene una quantità di elementi democratici e borghesi da far paura. Che cosa sia la guerra, la guerra voluta in sé come un valore superiore sia al vincere che al perdere come quella via eroica e sacra di realizzazione spirituale che nella Bhagavadgita si trova esaltata dal dio Krshna, che cosa sia una tale guerra non lo sanno più questi formidabili "attivisti" di Europa che non conoscono guerrieri ma soltanto soldati e che una guerriciola è bastata per terrorizzare e per far tornare alla retorica dell'umanitarismo e del patetismo quando non ancora peggio a quella del nazionalismo fanfarone e del dannunzianismo. La misura della libertà è la potenza: non dovrà essere più l'idea a dar valore e potere all'individuo ma l'individuo a dar valore, potere, giustificazione a un'idea. Volere la libertà è tutt'uno che volere l'impero» Influenzato dalla lettura delle opere di René Guénon, abbandonò in seguito le tesi estremiste dell'Imperialismo pagano a favore del concetto della "Tradizione" e fondò la rivista La Torre, destinata a difendere princìpi sovrapolitici e dunque poco accetta al regime fascista: Evola fu costretto a farsi proteggere da una guardia del corpo e la rivista fu bandìta dopo otto numeri pubblicati. In questo periodo furono pubblicati diversi saggi sul simbolismo tradizionale (La Tradizione ermetica, 1931; Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, 1932; Il mistero del Graal, 1937). Nel 1943 fu pubblicato La dottrina del risveglio, uno studio sull'ascesi buddhista. Nel 1934 apparve la sua opera fondamentale, Rivolta contro il mondo moderno, nella quale tracciò un affresco della storia letta secondo lo schema ciclico tradizionale delle quattro età (oro, argento, bronzo, ferro, nella tradizione occidentale; satva, treta, dvapara, kali yuga, in quella indù) e in cui descrisse la decadenza del mondo moderno. Nelle sue opere Evola pose spesso l'accento sull'unità delle antiche civiltà tedesche e italiane e fece frequenti viaggi in Germania. Per amore verso il mondo germanico cambiò nome da Giulio a Julius. Nel 1938 prese contatto con il nazionalista rumeno Corneliu Codreanu, fondatore della Guardia di Ferro, per il quale ebbe nei suoi scritti parole di ammirazione. Nel 1937 pubblicò Il Mito del Sangue (che ebbe una seconda edizione nel 1942) dove ricostruiva le concezioni sulla razza nelle civiltà antiche e nelle teorie del XVIII secolo, contrapponendole alla versione moderna e biologica del nazismo. Seguì nel 1941 la Sintesi di dottrina della razza. In questi testi espresse le sue concezioni antisemite, non basate su una concezione di razzismo biologico (gli Ebrei non potevano infatti essere considerati secondo Evola una razza, per le mescolanze subite nel corso della storia), ma che opponevano ugualmente a livello tradizionale "Giudei" e "Ariani" (da "Arya", gli antichi Indiani) nel nome di una differenza di "razza spirituale" e propugnavano l'affermazione della razza ariana. Dichiarò che non aveva importanza l'attendibilità storica dei Protocolli dei savi di Sion, il falso opuscolo creato dalla propaganda zarista e largamente diffuso da quella nazista per provare il "complotto giudaico", visto che comunque raccontava una veridicità secondo lui attendibile sugli effetti ebraici di controllo della società (banche, stampa, mercato, politica) attraverso la dissoluzione culturale dall'interno. L'ebraismo è per Evola una colpa senza redenzione: «nemmeno il battesimo e la crocefissione cambia la natura ebraica». Evola non aderì al Partito fascista, e questa mancata adesione gli impedì nel 1940 di arruolarsi come volontario contro l'Unione Sovietica nel corso della Seconda guerra mondiale. Nel 1942 fu pubblicato il suo testo Per un allineamento politico-culturale dell'Italia e della Germania nel quale esprimeva ammirazione per il nazismo tedesco, considerandolo superiore al fascismo, in ragione del coraggio nel risvegliare l'antico spirito ariano e germanico. Critica tuttavia l'incompletezza nell'attuazione di questo programma, non abbastanza radicale e aderente ai principi della "Tradizione": per esempio una difesa della razza improntata giuridicamente ad una sorta di "igiene razziale" e il potere del Führer derivato dal popolo e non un potere regale di origine divina come nell'ideale società ario-germanica delle origini. Si potrebbe definire Evola come un teorico di un tradizionalismo "puro", ideale e più radicale, che avesse la forza di attuare i propri principi e di far trionfare la cultura romana e pagana delle origini a cui dichiarava di ispirarsi. Nutrito di concetti buddhisti, Evola condivise con Martin Heidegger e Carl Schmitt lo stesso progetto di un risveglio della Germania e di rinascimento della "germanicità". Tra l'Unione Sovietica comunista e gli Stati Uniti capitalistici il nazionalsocialismo tedesco gli era sembrato proporre una terza via, preferibile dal suo punto di vista: quella di un impero europeo e pagano sotto la guida egemonica della Germania di Hitler. Evola aderì più tardi alla Repubblica Sociale e intraprese tentativi di influenza sulle SS e sui nazisti tedeschi, compreso lo stesso Heinrich Himmler. Si scoprì poi, nel dopoguerra, dagli archivi delle SS e della Ahnenherbe, che Evola fu, in Germania ed in Italia, sempre sotto stretta sorveglianza, i suoi libri venivano letti ed analizzati minuziosamente, ed un qualsiasi particolare sgradito era sufficiente ad avversare la pubblicazione o la diffusione dell'opera. Le SS gli permisero di intrattenere ruoli culturali solo nei casi in cui ritennero che questo potesse giovare alla propria causa: il sospetto per il tradizionalismo di Evola derivava dal paragone con movimenti tradizionalisti tedeschi come la Konservative Revolution, la quale fu stroncata dai nazisti come "troppo spiritualista" e troppo poco "attiva", come sentenziò lo stesso Goebbels nei suoi diari. Nel 1945 Evola si trovava a Vienna, sicuro di essere protetto dagli dei, si avventurò in una passeggiata durante i bombardamenti che colpirono la capitale austriaca. Venne sbalzato da uno spostamento d'aria: una lesione al midollo spinale gli provocò una paralisi permanente agli arti inferiori. Solo nel 1948, grazie alla Croce Rossa Internazionale, fu trasferito a Bologna e nel 1951 poté rientrare nella sua casa di Roma. Già nel 1950 aveva pubblicato un opuscolo (Orientamenti) nel quale erano sintetizzate in undici punti le sue idee, poi sviluppate nei libri successivi. Nel 1953 pubblicò Gli uomini e le rovine, che eserciterà grande influenza negli ambienti della destra italiana, nel quale spiegava la decadenza del mondo moderno, in seguito alla distruzione del principio di autorità e di ogni possibilità di trascendenza per l'affermarsi del razionalismo, in contrasto con le antiche civiltà e i valori della Tradizione. Nel 1958 uscì la Metafisica del Sesso sulla forza magica e potentissima del sesso, attraverso lo studio dei simboli esteso a numerose tradizioni. Nel 1961 pubblicò ancora Cavalcare la Tigre, in cui proseguiva la sua critica del mondo moderno, offrendo una guida per coloro che pur non sentendo di appartenere interiormente a questo mondo, avessero intenzione di non cedervi psicologicamente né esistenzialmente. Negli ultimi anni visse con una pensione di invalido di guerra, facendo traduzioni e scrivendo articoli. Uno scompenso cardiaco si manifestò nel 1968 e si ripeté nel 1970. Morì nella sua casa romana nel 1974. Nel suo testamento aveva stabilito che il corpo venisse cremato, che non vi fossero cerimonie cattoliche né annunci. Le sue ceneri vennero consegnate alla guida alpina Eugenio David suo compagno di scalate in giovinezza e gettate in un crepaccio del Monte Rosa come stabilito prima della sua morte. Evola fu propugnatore del tradizionalismo, ossia di un modello ideale e sovratemporale di società, attuato storicamente in alcune delle antiche civiltà, caratterizzato in senso aristocratico. Queste antiche società erano suddivise gerarchicamente sulla base della qualità naturale degli individui, di carattere ereditario e genetico dunque, invece che su criteri economici e materiali. In queste società antiche era fondamentale inoltre il senso del sacro, tradotto in simboli e riti ossia la Regalità Divina, la Iniziazione, l' Azione eroica o la Contemplazione, il Rito e la Fedeltà, la Legge tradizionale, la Casta, l'Impero. Questo stato e civiltà ritenuti superiori, basati sulla più elevata sfera metafisica e spirituale invece che sull'ordine fisico e materiale, furono cancellati secondo Evola dalla decadenza attualmente visibile nella civiltà occidentale (secondo lo schema delle quattro età di Esiodo: oro, argento, bronzo e ferro). La distruzione degli antichi valori fu per il filosofo il frutto delle idee illuministiche massoniche espresse nella Rivoluzione Francese e di una visione della realtà basata esclusivamente sull'esperienza corporea, che avrebbe impedito il superamento e la purificazione della natura umana nel divino e la sua liberazione dal divenire contingente. Il pensiero di Evola ha un carattere eroico. Ricercando la metafisica comune a tutte le tradizioni antiche, i suoi scritti si sforzano di ritrovare attraverso l'interpretazione dei simboli delle civiltà la presenza di una antica casta guerriera. Questa, secondo il filosofo, doveva essere collocata in cima alla gerarchia sociale, trascurando le caste sacerdotali e la loro supremazia. Il suo pensiero, pur influenzato da quello di Guénon e di Nietzsche, se ne differenzia tuttavia sino all'incompatibilità (specialmente con Nietzsche). Da Guénon derivava la base della dottrina tradizionale e da Nietzsche la difesa dei valori aristocratici e guerrieri e l'ostilità verso il Cristianesimo. Dalla Tradizione deriva il differenzialismo, ossia la concezione di una naturale diseguaglianza degli esseri umani ovvero delle loro potenzialità innate, che possono o non possono in seguito essere sviluppate. Ne è conseguenza l'antidemocrazia , accompagnata dalla critica al totalitarismo, anch'esso considerato espressione della società di massa. La società propugnata da Evola era dunque profondamente antidemocratica e basata sulla superiorità per nascita degli individui appartenenti alla casta più alta, gli unici in grado di raggiungere una più elevata spiritualità. Il pensiero del filosofo, in virtù dell'avversione all'ugualitarismo, era profondamente e radicalmente anticomunista: Evola in molte sue opere attacca con disprezzo l'ideologia, gli ideologi comunisti e i loro seguaci, considerandoli "subumani", in quanto espressione più bassa e animale dell'umanità. Così come ci sono differenze innate tra gli individui, ci sarebbero secondo Evola differenze tra le razze. La razza interiore di cui parla il filosofo, è definita come un patrimonio di tendenze e attitudini che a seconda delle influenze ambientali giungono o meno a manifestarsi compiutamente. L'appartenenza ad una razza si individua dunque sulla base delle caratteristiche spirituali, e solo in seguito fisiche, diventandone col tempo queste ultime il segno visibile. Evola criticava una concezione razziale che si basasse esclusivamente sui dati naturali e biologici perché, come scriveva, "la razza esiste sia nel corpo, sia nello spirito". La concezione spirituale della vita propria della Tradizione, come potenzialità innata ed ereditaria, sarebbe espressione propria dei ceppi umani superiori, identificati con le popolazioni di origine indoeuropea, pur non essendo propria solo di quelle genti: Evola estese la sua ammirazione a tutte le culture tradizionali, specie orientali e mediorientali. Secondo la concezione aristocratica e gerarchica propria dello spirito tradizionale, la razza tuttavia secondo Evola non potrebbe determinare da sola il valore di un individuo, cosa che livellerebbe tutti gli appartenenti ad un popolo con la democratizzazione del sangue, abbattendo le differenze di casta (per il filosofo necessarie), e introducendo un elemento egualitario. In quest'ambito si inserisce anche l'antisemitismo di Evola, sfumato nella accezione astratta che caratterizza il suo pensiero. Evola si contrappone alla Ebraicità, intesa come tendenza spirituale antitradizionale, la quale si sarebbe manifestata nella storia nel popolo ebraico, convertendo il suo spirito tradizionale degli inizi in una mentalità anti-tradizionale di tipo sovversivo in seguito a vicende di numerose sconfitte e sventure patite nella storia antica. L'importanza attribuita al progresso spirituale in contrapposizione a quello materiale in questa concezione, non impedisce al filosofo di attribuire il carattere di superstizione e irrazionalità al Cristianesimo come religione devozionale, opponendogli invece una conoscenza superiore, con aspetti esoterici (il nocciolo nascosto dalla scorza, concezione influenzata anche dalle tradizioni orientali). Questa conoscenza si raggiungerebbe attraverso un'ascesi che non costituisca tuttavia una mortificazione di sé, ma piuttosto una piena realizzazione dell'Io, secondo la concezione dell'individuo assoluto. Costui non subisce, secondo Evola, i condizionamenti del contingente, ma lo domina e trova autarchicamente in sé il centro di tutto, nel quale è compreso anche il mondo esterno, venendo così a coincidere con il divino. Attualmente il complesso pensiero del filosofo è ancora studiato in molte nazioni e diversi autorevoli studiosi individuano nella speculazione evoliana l'utopia di un profeta disperato e disperante. Nelle opere evoliane emerge la disillusione per una civiltà mondiale, ed europea in particolare, che gli appare irrimediabilmente in rovina, non esistendo a suo avviso una categoria adeguata di persone che possa dirigere la società ideale in modo organizzato e gerarchico. Nell'opera Cavalcare la tigre arriva a proporre una soluzione di tipo anarchico: considerando che non esistono capi eroici per i quali sacrificarsi, afferma, tanto vale orientarsi all'individualismo.

Intervista al Maestro Antonio Condino (dalla Provincia Cosentina di Martino Ciano)



PRAIA A MARE – Il maestro Antonio Condino, pianista ed insegnante presso il vicino conservatorio di Vibo Valentia nonché direttore artistico dell’associazione musicale “Foyers des Arts”, si è dichiarato pienamente soddisfatto dell’andamento del programma estivo stilato da parte dell’associazione. Una scelta ambiziosa, quella di portare nella sfrenata estate, un programma di sola musica classica ma che ha ripagato il coraggio e l’impegno dello stesso staff, merito anche dell’incondizionato appoggio ricevuto dalla nuova amministrazione praiese che ha raccolto la sfida. I concerti si sono comunque tenuti e continueranno a tenersi in un luogo di nicchia come il Museo Comunale di Praia a Mare, rispettando così la solennità delle atmosfere ataviche ma eterne di questa musica immortale. <>. Tra gli artisti che hanno partecipato all’iniziativa troviamo il Maestro Emilio Aversano anche lui detentore della cattedra di pianoforte principale presso il Conservatorio di Vibo Valentia, che si è cimentato nella riproposizione di pezzi classici passando da Mozart, a Beethoven, a Schubert e Chopin. Importante anche la partecipazione del chitarrista, maestro Edoardo Marchese, talentuosa promessa dell’arte chitarristica che si è esibito nella riproposizione di vecchi pezzi del Cinquecento soprattutto di Milan e Mudarra, virtuosi musicisti spagnoli che già all’epoca seppero scrivere pezzi che palesavano sapienza musicale e tecnica strumentale virtuosistica. La riproposizione del maestro si è basata anche su pezzi “più vicini al nostro tempo”, passando da Paganini a Bach, dimostrando una poliedricità inaudita. Per il mese di Agosto hanno trovato spazio anche i concerti per pianoforte a quattro mani di Tatiana Malguina e Rodolfo Rubino ed i concerti del duo Mauro Turtorelli e Luigi Stillo, rispettivamente violino e pianoforte. Ultimo appuntamento per Agosto quello del duo Petrucci e Condino, rispettivamente voce e pianoforte, che si terrà nella stessa sede il 19 Agosto. <>. Una denuncia, quindi, a quella esterofilia diffusa tipica della Calabria che spesso e volentieri allontana dalla propria terra gli astri nascenti, favorendo nomi blasonati ma non per questo simbolo di qualità. Un viaggio alla riscoperta di sonorità, come detto, lontane ma sempre attuali; un’iniziativa che miete e mieterà proseliti anche tra chi s’identificherà come semplice curioso.

Intervista a Massimo Cecconi (Provincia Cosentina Martino Ciano)


PRAIA A MARE – Per tutto luglio ed agosto si terrà la mostra d’arte “Libertà, Colore, Spirito” del maestro Massimo Cecconi accademico, pittore, scultore romano che inizia la sua strada nel lontano 1960 collaborando con il maestro Luigi Servolini. Dopo gli studi accademici a Roma, il Cecconi, pone nelle sue opere il discorso poetico e colorista avvicinandosi a correnti metafisiche e figurative. Nei suoi lavori si sente l’autentico e sviscerato amore per l’uomo ed il suo dramma esistenziale e tutto questo si legge nelle sue spatolate, che ferma sulla tela con tonalità contenute e sempre in armonia con la prorompente luminosità di cui queste si caratterizzano. Come ha voluto ribadire Vito Riviello, critico d’arte, nelle opere di Cecconi si legge un certo amore verso quella natura sempre più umiliata dal neoconsumismo e facendo di ogni sua pittura una confessione pubblica. Un misto d’emozioni contrastanti, dunque, che generano stati d’animo diversi nell’osservatore, lasciandolo a metà strada tra lo stupore e l’inganno prima di abbandonarlo nella lunga strada verso la ricerca del significato intrinseco dell’opera. Nella sua lunga carriera il maestro Cecconi ha ricevuto riconoscimenti in tutto il Mondo e ha costruito la sua fama grazie a collaborazioni illustri con notissimi pittori dell’arte contemporanea quali Ugo Attardi, Ennio Calabria, Renzo Vespignani. Ha esposto in molte manifestazioni culturali, dalla sala Protomoteca in Campidoglio dove ricevette il primo premio dell’Accademia Nazionale Città Eterna dal suo maestro Servolini; sino all’esposizione su richiesta della RAI alla manifestazione “Concerto senza Tempo” presso il Pavillon di Villa Miani. Difensore acerrimo del ruolo dell’artista “come colui che deve aprire i cuori chiusi di coloro che non hanno ricevuto dalla natura il dono del senso artistico”, il maestro Cecconi dimostra anche le sue perplessità verso un Mondo che inibisce più che stimolare l’arte in tutte le sue sfumature rendendo così difficile la sua divulgazione in terre aride, in cui l’artista è mero sognatore di se stesso più che uomo tra gli uomini capace d’insegnare, senza presunzione, che tutto esiste e vive in noi. “Questa ostilità verso l’arte – continua Cecconi - ha prodotto un artista non più libero nonostante egli possa oggi sputare o fare a pezzi una tela e considerarla opera, ma seguace di teorie che gli vengono incollate sulla pelle che lo rendono meno libero di un artista rinascimentale a cui le opere venivano commissionate. Tale ostilità viene costruita da quel binomio pubblico – privato che dovrebbe avere la forza di commissionare opere che diventino patrimonio della società, che sanno testimoniare che la vita in fondo è a colori e non in bianco e nero. L’artista quindi è sognatore di un mondo che non c’è più. Diventa come diceva Brecht colpevole di dipingere un fiore mentre l’uomo uccide l’uomo”. E’ proprio all’interno di questa coraggiosa denuncia che crea scandalo, che le opere del maestro prendono forma e vigore; una continua fuga da quella realtà che troppe volte traccia le sue opere di colori ombrosi e privi di luminosità.


Ciao è con molto piacere che apro questo nuovo blog per poter avviare discussioni che non posso fare in altra sede. Il Blog si occuperà di svariati temi, dalla politica, alla società, alla letteratura. Nel nome del dialogo e del confronto, lontano da possibili plagi o da possibili padroni come per troppo tempo si è inteso. Mettere il proprio pensiero e le proprie idee a disposizione degli altri è quanto mai importante. Cadere vittime dell'ignoranza è altrettanto grave, in quanto la cultura si ricerca per naturale propensione. Quindi siamo noi gli unici responsabili della nostra evoluzione o involuzione!