martedì 9 ottobre 2007

Jung e l'astrologia (articolo del luglio 1998)


E’ opinione comune presso gli ambienti astrologici che Carl Gustav Jung fosse interessato all’astrologia. Tale interesse è stato – da parte di alcuni psicologi che pure si richiamano al suo pensiero – volutamente ignorato mentre da altri (1) è stato sminuito con l’evidente fastidio di chi teme il discredito che potrebbe derivare dal coinvolgimento in tematiche così poco ortodosse.Del resto, si sa con quanto penoso imbarazzo gli astronomi a tutt’oggi spiegano la passione per l’astrologia da parte di Copernico, Keplero e Galileo (Tolomeo è un caso a parte), motivandola con loro presunte pressanti necessità economiche.Ma per quanto riguarda Jung, è fin troppo facile ristabilire la verità in merito al suo atteggiamento verso la nostra disciplina se solo se ne scorre l’epistolario (2). Egli scrive dunque a Sigmund Freud in data 12 giugno 1911: «Di sera sono molto impegnato con l’astrologia. Sto facendo dei calcoli oroscopici per rintracciarvi il grado di verità psicologica. Fino ad ora ci sono alcune cose strane che a Lei sicuramente devono sembrare incredibili.» E’ da notare che Jung aveva all’epoca 36 anni e gli era ben nota l’avversione di Freud verso «la nera marea di fango dell’occultismo».(3)Ci si può domandare a quali testi il grande psicologo abbia attinto per acquisire le nozioni di base di tecnica astrologica. Poiché conosceva bene sia l’inglese che il francese, non è inverosimile che Jung abbia studiato sui libri si Alan Leo, Sepharial, F. C. Barlet, Fomalhaut, Henri Selva, Paul Choisnard, tutti autori attivi e già ben noti tra fine ‘800 ed inizio ‘900.Per quanto riguarda Paul Choisnard, considerato il padre della rinascita astrologica francese, abbiamo prova che Jung ne conoscesse l’opera, poiché lo cita espressamente nella sua lettera del 29 gennaio 1934 indirizzata al dott. B. Baur. Questa è oltremodo interessante anche perché dimostra che il maestro svizzero riteneva “convalidata” l’astrologia dal punto di vista empirico, pur essendo all’epoca orientato ad attribuirne l’efficacia in base al concetto di “tempo qualitativo”, che abbandonerà in seguito.Scrive invero Jung: «Il fatto che l’astrologia tuttavia fornisce risultati validi prova che non sono le apparenti posizioni degli astri che operano, ma piuttosto i tempi che vengono misurati oppure determinati da posizioni astrali arbitrariamente determinate. Perciò il tempo risulta come un flusso di eventi carico di qualità e non come una concezione astratta o una condizione della conoscenza, come vorrebbe la nostra filosofia.». In quella stessa missiva, Jung mostra poi di disattendere la vecchia obiezione basata sul fenomeno della precessione degli equinozi (a causa della quale le costellazioni non corrispondono più ai segni zodiacali), che anzi imputa «alla teoria primitiva secondo cui sono le stelle stesse ad irradiare certi effetti».
Ma i riferimenti all’astrologia nella vasta opera junghiana non si limitano all’epistolario. Essi sono talmente numerosi che, visti i limiti di queste note, necessita qui contenersi a pochi accenni.Nel 1928, in occasione del Convegno degli psichiatri svizzeri, Jung tiene una conferenza dal titolo “Tipologia psicologica”(4) dove non manca di richiamarsi alle triplicità o trigoni dei quattro elementi per così concludere: «Come poi possa esistere un nesso tra i segni zodiacali e i pianeti da una parte e i temperamenti individuali dall’altra, è una questione che si perde nelle nebbie del più remoto passato e per la quale non esiste risposta».Risposta che il grande studioso ritiene successivamente di individuare nel principio di sincronicità (5). Si veda a questo proposito la risposta del novembre 1945 al questionario del prof. J. B. Rhine nonché la lettera del 6 settembre 1947 all’astrologo indiano B. V. Raman dove, tra l’altro, scrive: «Nei casi di diagnosi psicologiche difficili di solito faccio fare l’oroscopo per acquisire un ulteriore punto di vista da una visuale completamente diversa. Debbo dire che molto spesso ho trovato che i dati astrologici spiegavano certi punti che altrimenti sarei stato incapace di capire».Jung mantiene la stessa impostazione nella lunga risposta datata 26 maggio 1954 al questionario sottopostogli dal francese André Barbault, dove mostra di avere dedicato la propria attenzione anche ai transiti planetari. Infatti alla domanda se egli avesse osservato fasi di resistenza o di progresso nel trattamento analitico in concomitanza con determinati transiti, Jung risponde: «Ho osservato molti casi in cui una ben definita fase psicologica, o evento analogo, era accompagnata da un transito (in particolare quando erano coinvolti Saturno e Urano)».
A questo punto possiamo – pur trascurando di commentare analiticamente le successive lettere al Prof. Hans Bender del 12 febbraio 1958 e 10 aprile 1958 (quest’ultima peraltro assai importante per chiarire quale fosse il pensiero di Jung in merito al principio di sincronicità applicato all’astrologia) – cercare di rispondere alle domande implicitamente poste con queste brevi note, ed affermare, senza tema di smentita, che Jung si è servito dell’astrologia, nel suo aspetto di indagine caratterologica, quale valido ausilio del suo lavoro analitico. E poiché credeva nella realtà di questa disciplina antichissima («sono tentato, quando è il caso, di includere l’astrologia fra le scienze naturali»(6)) ne propose una possibile chiave di lettura ricorrendo al suo principio di sincronicità per concludere però, con l’umiltà propria di chi è grande, che «l’astrologia sembra richiedere varie ipotesi ed io non sono in grado di dichiararmi per l’una o per l’altra. Bisognerà rifugiarsi in una spiegazione mista visto che la natura non si preoccupa della pulizia dei nostri concetti intellettuali» (7).

Articolo pubblicato sulla rivista “Ricerca ‘90” n. 35 - luglio 1998

NOTE
(1) Cfr. A. Carotenuto, Jung e la cultura italiana, Astrolabio, Roma 1977, pagg. 117 e 119(2) C.G. Jung, Briefe, Walter Verlag, Olten 1973 (edizione in lingua tedesca); C.G. Jung, Letters, Routledge & Kegan Paul Ltd., London 1973 (edizione in lingua inglese).(3) Ricordi, sogni, riflessioni di C.G. Jung, BUR, Milano 1979(4) Opere, Vol. 6, Boringhieri, Torino 1981, pag. 527 e segg.(5) “Il fenomeno della sincronicità è quindi la risultante di due fattori: (1) un’immagine inconscia si presenta direttamente (letteralmente) o indirettamente (simboleggiata o accennata) alla coscienza come sogno, idea improvvisa o presentimento; (2) un dato di fatto obiettivo coincide con questo contenuto.” La sincronicità come principio di nessi acausali, Opere, Vol. 8, Boringhieri, Torino 1983, pag. 477(6) Lettera del 10.4.1958 al Prof. Hans Bender(7) Ibidem

Il Canto della Cecità



Ciao a tutti presento il mio primo libro di narrativa edito ormai da un anno per la Edizioni Creativa di Napoli. Il libro è in vendita su
o su richiesta nelle librerie della zona
Se mi chiedessero il perché di questo libro non saprei rispondere. Proverei ad inventare le frasi pur di trovare una spiegazione ma, mi affido al buon senso di chi legge e di chi sa interpretare le parole dell’anima perché, essendo la sua autobiografia, non può essere esplicata con un linguaggio diverso. Il Canto della Cecità ha una gestazione di ben sei anni; è da quando avevo sedici anni che provo a scriverlo ma c’è sempre stato qualcosa che mi ha bloccato, che mi ha impedito la sua stesura, simile ad un vuoto incolmabile che ferma il pensiero. Sovente ho abbandonato il progetto ed ho quasi creduto che fosse impossibile spiegare i propri tormenti, unire razionale ed irrazionale; materializzare lo spirito. Oggi, ad opera conclusa, posso rispondere positivamente a quei dubbi ed ho capito che ci sono momenti speciali che devono essere spiegati con parole altrettanto speciali. Che ci sono sogni che non hanno tempo ed immagini, che hanno bisogno di una critica che superi la razionalità. Che esiste un tempo per ricordare con dolce malinconia, ed un tempo per dimenticare senza avere paura delle conseguenze. Se tutto questo compone l’autobiografia di un’anima, allora io ho provato a scriverla e senza aver paura del dopo, le ho detto:<> Grazie. Martino Ciano. Roma, 24 ottobre 2004
POSTFAZIONE: Il Canto della Cecità non è un’autobiografia dell’autore ma vuol rappresentare un viaggio immaginario che si focalizza sull’Io. Il protagonista, per l’appunto Io è stato creato sulla base di questo presupposto. A chiunque legga si consiglia la sola auto-trasmigrazione nell’opera. Esso è un viaggio per tutti e per nessuno. Motivare il Canto della Cecità è inutile e puerile e poi nessun autore potrebbe mai spiegare il perché delle emozioni che vivono nelle sue parole.
ALCUNI COMMENTI: “Il canto della cecità”… a cosa si fa riferimento?? Di cosa si parla? Qual è il significato di questa “cecità”?? Beh, bisogna dire che la cecità di cui si parla nel libro è tutto altro che patologica, non si ferma alla normale apparenza, ma bensì viene sopraffatta e vinta dalla speranza, che è sempre l’ultima a morire!!! La speranza stessa citata riesce a far sviluppare nel protagonista dell’opera una voglia di ricercare il Bene, una voglia di riconquistare ciò che ha perduto e ciò che non ha mai provato fino a quel momento anche a costo di dover perdere tutto ciò che gli è di più caro, combattendo contro il Male che si annida nel nostro essere già dalla nascita e che si deve provvedere a placare in tutti i modi possibili. L’umanità stessa è cieca, avida di potere, senza cuore e sentimenti, ma con un po’ di coraggio, come è scritto anche nel libro, si riesce a sconfiggere tutto ciò che di oscuro la opprime!!! Leggere questo libro significa intraprendere un’analisi del proprio inconscio, delle proprie emozioni e della propria vita, l’umanità tutta convive ogni giorno con il Bene o con il Male e pertanto se si viene sopraffatti dalla presunzione ecco che nell’individuo c’è l’esplosione totale della perfidia ai danni della clemenza e dell’amore!!! Ogni personaggio è descritto secondo la propria caratteristica, pertanto ad ogni personaggio è legato uno stato d’animo che è il tassello che, insieme agli altri, completa il carattere e la vita stessa del protagonista che ha vissuto fino a quel momento. Le sensazioni che si provano leggendo questo libro sono molte, si viene presi da queste e poi è difficile esserne sottratti…ritengo che sia impossibile che nessuno abbia mai vissuto almeno una delle situazioni descritte nel testo, sono chiari rifacimenti alla realtà effettuale e comunque chiunque ha letto o leggerà questo libro potrà affermare : “Questa situazione l’ho vissuta anch’io !!!!”. Infatti questo libro è caratterizzato da un groviglio di situazioni, ad ogni situazione pertanto è legato uno stato d’animo che facilmente riesce ad arpionarsi al lettore…è un errore comunque catalogare queste situazioni come fantasiose e futili, ciò che pone le basi a tutto ciò è qualcosa di veramente profondo e incolmabile, non sono per niente storielle adolescenziali o giù di lì, nascondono qualcosa di estremamente ampio e di spaventosamente riconducibile alla vita quotidiana di ogni singolo individuo che vive in questo mondo. Viviamo in questo mondo, siamo schiavi e succubi di due grandi fonti di potenza : Bene e Male, ogni uomo ama e odia (lo diceva anche Catullo) e ogni uomo è in grado di fronteggiare le meschinità con la benevolenza se ne è capace e se la sua indole glielo permette!!! Non nascondo di aver letto e riletto il libro per almeno dieci volte e più leggevo più mi affascinava, i miei occhi hanno versato lacrime e il mio cuore si è trovato a dover essere riempito di emozioni straordinarie…l’unica cosa che mi sento di dire è che questo è un libro su cui riflettere molto ed attentamente per coglierne tutti i suoi significati spesso nascosti!!! Con questo esprimo una chiara approvazione verso l’autore, Martino, e verso la sua costanza e la sua ferrea decisione di esprimere tutto ciò tanto da emozionare e coinvolgere chi ha deciso di aiutarlo a rendersi partecipe di questo splendido mondo che è l’arte!!!!!!!!!

che dire per me questo libro è un cristallo che trafigge l’anima e tutti i suoi riflessi fuoriescono dal corpo, prima la paura assale la mente, stravolta dal vedere le forze che indirizzano i comportamenti e le azioni, poi domina la quiete e la calma..si capisce di piu se stessi e ci si rincuora del fatto che a provare certe cose non si è da soli. questo libro è una descizione romanzata e personificata in personaggi ed eventi e immagini di quel complesso intrinseco di forze che si agitano convulse nel nostro intimo. un libro indubbiamente attraente, poetico etereo crudele freddo caldo cinico un misto seducente tra reale e fantasia,razionalità e follia, paura e coraggio il tutto avvolto in uno spesso velo di misticismo di esoterismo di simbologia che al lettore attento e colto sicuramente non può sfuggire. un libro che si legge in un giorno e ti segna per sempre.

Dopo qualche secondo dalla fine della lettura di questo libro, il primo pensiero che illumina la mia mente è il seguente: ” LA CONOSCENZA NASCE DALLA SOFFERENZA “. Un percorso straziante dell’anima, contraddistinto dalla sofferenza e dal dolore, sottolinea la tribolazione e la precarietà umana. L’uomo è come un naufrago sbattuto sulla spiaggia dalle onde impetuosee,e riempie il luogo circostante da un lugubre lamento: come è naturale che avvenga, come uno che nella vita dovrà sopportare tanti mali.Il Canto della Cecità, è simile ad un viaggio dantesco: dall’ Inferno al Paradiso, dal Male al Bene; l’uomo comprende i propri errori durante il percorso, dopodichè raggiunge la conoscenza, l’equilibrio. Complimenti vivissimi per quest’opera che è riuscita, in modo eccellente, a descrivere la storia dell’ anima di ogni individuo…

Thule ed Hess tra politica ed esoterismo (Quello che difficilmente ci racconteranno)

APPROFONDIMENTI VARI






Si è discusso, da più di 60 anni a questa parte, riguardo alcuni misteri del Terzo Reich, come ad esempio l'interesse smisurato del fuhrer e dei gerarchi nazisti per l'occulto, le diverse campagne militari in luoghi remoti, la ricerca degli oggetti del "Potere", le armi segrete in fase di produzione e la straordinaria carica idealogica che veniva esercitata sulle menti delle truppe tedesche. Ebbene, dietro questa facciata nascosta del Nazismo vi è un gruppo esoterico che mise in piedi in pochi anni un regime in grado di cambiare le sorti dell' umanità intera: la Società Thule (Thule Gesellschaft). Il fondatore di questo gruppo fu Rudolph Blauer (che poi mutò il nome in Rudolf von Sebottendorff), un facoltoso tedesco che durante un viaggio in Turchia fu istruito sui segreti della Massoneria, del rosicrucianesimo e del misticismo orientale. Sebottendorff fornì la base esoterica alla Società Thule, la quale nacque ufficialmente nell'agosto del 1918 prendendo il nome dalla leggendaria isola nordica dell'Artico.Secondo la tradizione, la terra di Thule si doveva identificare con l'Islanda, la Scandinavia o la Groenlandia, ed era un'isola abitata da esseri superiori (noti col nome di Ariani o Iperborei) che possedevano facoltà telepatiche e tecnologie avanzatissime rispetto a quelle umane. Il centro più importante della società era Monaco di Baviera, dove venne acquistato anche il quotidiano locale, l'"Osservatore di Monaco", poi rinominato l'"Osservatore del Popolo". Ben presto parecchi personaggi aderirono alla società ingrossandone i ranghi. Il credo nell'anti-semitismo cominciò a prendere piede tra gli affiliati e in seguito si propagò anche nelle menti del volk, il popolo tedesco. Parallelamente, nell'organizzazione si diffusero le teorie razziste e geopolitiche di Lanz von Liebenfels e Guido von List, entrambi profondamente anti-semiti.Altre grandi personalità dell'occulto e dell'esoterismo di inizio Novecento ebbero a che fare con la Thule Gesellschaft: Rudolf Steiner, i sovracitati von List e von Liebenfels, Karl Haushofer, Theodor Fritsch e Madame Helena Petrovna Blavatsky, la più grande medium di tutti i tempi, fondatrice della Società Teosofica. È comunque nel 1919 che la Società Thule mostrò al mondo intero il suo più celebre e illustre iniziato, Adolf Hitler.In quegli anni il futuro fuhrer ebbe come maestro e precettore Dietrich Eckart, uno degli affiliati più brillanti dell'organizzazione, essendo egli a capo dell'edizione di un giornale anti-semita e un esperto occultista. Eckart addestrò Hitler nelle tecniche oratorie, linguaggio del corpo, mimica facciale, e accrescimento dell'autostima, rendendolo così un oratore capace di entusiasmare e ammaliare con i gesti e con le parole la pressochè totalità del volk germanico. Hitler in seguito dedicò il Mein Kampf, la sua opera più importante, proprio al suo mentore Eckart. Dopo essere stato discepolo di quest'ultimo, Hitler ricevette anche gli insegnamenti di Karl Haushofer, professore di geopolitica a Monaco e fondatore della famosa e discussa Società Vril (con l'energia "Vril" dovevano essere alimentate le armi segrete del regime). Di lì a poco gli eventi si succedettero piuttosto rapidamente. Nel 1920 dal Partito dei Lavoratori Tedeschi, fondato l'anno precedente, si formò il NSDAP, il Partito Nazional-Socialista dei Lavoratori Tedeschi, sotto la leadership di Adolf Hitler, che provvedette subito a inserire nelle posizioni più elevate diversi membri della Società Thule. Come insegna del neonato partito fu adottato un potente simbolo antico quanto l'uomo, la svastica. Quest'ultima fu realizzata con i colori tipici dell'alchimia cioè col nero, rosso e bianco e venne rappresentata nella sua versione "destrogira". L' idea di utilizzare la svastica fu proposta da un altro membro della Società, il ricco Dottor Krohn.Hitler riuscì dunque a ottenere il potere, riscosse vastissimi consensi tra la popolazione e assunse il titolo di fuhrer, il condottiero. Egli creò corpi armati con lo specifico compito di recuperare l'Eredità Ancestrale (le SS Ahnenerbe), assoldò esperti come Otto Rahn per cercare il Santo Graal e finaziò le spedizioni in Tibet per entrare in contatto con i "Maestri Segreti", le entità superiori che comunicavano telepaticamente con la Blavatsky e che quest'ultima sosteneva abitassero nella regione Himalayana, probabilmente tra Tibet e Nepal. Inoltre, è interessante notare che durante la Seconda Guerra Mondiale Hitler e i suoi uomini cercarono sempre di evitare lo scontro diretto con l'Inghilterra e lavorarono diplomaticamente per la non-belligeranza tra le due Nazioni, dato che le capitali "magiche" europee erano proprio Berlino e Londra. È anche risaputo che Aleister Crowley, il grande mago britannico, tentò più volte di mettersi in contatto con il fuhrer per via della potenza spirituale di questi e della capacità di suggestionare che possedeva. In questo modo si potrebbe fornire una spiegazione abbastanza coerente ai fatti "singolari" elencati a inizio pagina, magari facendoli combaciare con le dottrine di regime della Terra Cava e con la leggenda del regno sotterraneo di Agarthi. Su questo purtroppo non siamo ancora in grado di pronunciarci, come del resto su molti altri misteri della storia. Possiamo solo fornire date, nomi ed eventi, ma probabilmente la verità sarà stata opportunamente oscurata e ci rimarrà ignota ancora per molto. Fatto sta che la Società Thule costituì il nucleo primigenio del Partito Nazionalsocialista (non a caso i primi sostenitori di Hitler furono i suoi "fratelli" affiliati alla medesima organizzazione) e che fece un tentativo per far approdare l'umanità a un Nuovo Ordine Mondiale, di cui il fuhrer ne sarebbe stato il capo। Indubbiamente fallì questo tentativo, ma la Thule Gesellschaft riuscì a creare, per la prima volta nella storia e seppur indirettamente, un vero e proprio Stato magico-esoterico o comunque un regime caratterizzato da una cosciente e consistente natura occulta।
Rudolf Hess

"Ho avuto la fortuna di vivere molti anni della mia vita a fianco di uno degli uomini più grandi che il mio popolo abbia mai espresso nel corso della sua storia millenaria. Sono felice ed orgoglioso di aver fatto il mio dovere come tedesco, come nazionalsocialista, come fedele al Führer. Non rimpiango niente. Se dovessi ricominciare, agirei nello stesso modo: anche sapendo che alla fine della mia vita mi aspetta il rogo. Poco mi importa di ciò che possono farmi gli uomini. Comparirò davanti all'Onnipotente. E' a lui che debbo rendere conto, e so che mi assolverà."
Rudolph Hess Norimberga 31 agosto 1946

Sabato 10 maggio 1941, un giorno qualunque nel drammatico contesto delle vicende del secondo conflitto mondiale, diviene una data destinata ad entrare nella storia: alle 6 del pomeriggio, un Messerschmitt 110 tedesco decolla dall’aeroporto militare di Augusta; trascorse poche ore lo stesso aereo, attraversa il mare del nord e, dopo aver eluso il controllo della RAF, immergendosi nella nebbia, sorvolando la contea del Lancashire, atterra in Gran Bretagna, presso il villaggio di Heaglesham, posto nelle vicinanze del castello di Dungavel, residenza del duca di Hamilton, lasciando dietro di sé il suo pilota, catapultatosi fuori col paracadute.
Ai soccorritori, accorsi al suo capezzale, il misterioso aviatore dichiarò di chiamarsi Alfred Horn e di avere un messaggio urgente per il duca di Hamilton.
Ma quell’uomo non era una persona qualsiasi, né tantomeno quell’Alfred Horn che aveva detto: quell’uomo era infatti Rudolf Hess, il delfino del fuhrer, il camerata della prima ora, l’amico fidato cui Hitler dettò, nel carcere di Landsberg, il mein kampf.
Veniva così a determinarsi uno dei più grandi misteri della storia, ancora oggi irrisolto e che continua a dividere gli storici circa le sue ragioni.
Cosa ci faceva il potentissimo Rudolf Hess nella nemica Inghilterra? Hitler era o meno al corrente di quel volo? Quali furono i reali motivi di quel viaggio? In quale maniera ebbe ad incidere nella decisione del vice-fuhrer il misterioso legame ed intreccio del nazional-socialismo con il mondo dell’esoterismo?
L’unica certezza è che il solo testimone in grado di chiarire la portata di quella decisione, ossia lo stesso Hess, ha lasciato questo mondo il 17 agosto 1987, con la morte avvenuta nel carcere di Spandau, anch’essa circondata da enormi dubbi e da un profondo alone di incertezza; fu morte naturale o suicidio? E perché si sarebbe dovuto eliminare un vecchio di 93 anni ormai totalmente scollegato dalla realtà? Forse per rimuovere per sempre la verità su quel tenebroso viaggio avvenuto ben 46 anni prima?
Come si vede si può ben parlare di caso Hess e dagli enigmi di un uomo le cui vicende sono state, sono e saranno sempre avvolte dal più profondo mistero, andando ad incrementare i già fitti, macabri vincoli del regime della svastica con componenti esoteriche e con il mondo dell’occulto.
Per capire qualcosa in merito a questa vicenda, bisognerà pertanto attendere il 2017, anno in cui sarà finalmente possibile accedere al famoso dossier Hess, che, per il momento, congelato negli archivi inglesi, rappresenta soltanto uno spettro in attesa di concretizzarsi, come se dovesse celare un qualcosa di sconvolgente.
Secondo quanto già indicato in precedenza, varie teorie sono state avanzate su quel viaggio e la più seguita ed accreditata avrebbe voluto un Hess, caduto in disgrazia agli occhi del suo grande amico Hitler, tentare di riabilitarsi, cercando, all’insaputa dello stesso Hitler, di esaudire quello che credeva il desiderio del fuhrer di concludere una pace con l’Inghilterra, per poi attaccare e distruggere il grande nemico bolscevico.
In più di una occasione Hitler aveva infatti manifestato i suoi propositi di amicizia con gli inglesi, a cominciare dal 24 maggio 1940, quando, dopo la dilagante guerra lampo, in grado di travolgere, nel giro di poche settimane, gli eserciti alleati, diede, a Charleville, l’ordine di non attaccare il corpo di spedizione inglese, schiacciato, senza alcuna possibilità di fuga, nel porto di Dunkerque, in attesa di reimbarcarsi per la madrepatria, insieme ai resti delle truppe francesi.
Hitler avrebbe ben potuto annientare le forze alleate ed anche attaccare un’Inghilterra pressoché priva di difese, ma non lo fece.
Probabilmente dietro a quella sorprendente decisione, vi fu la volontà di Hitler di attirarsi la benevolenza di quello che considerava uno stato amico e che era stato costretto a combattere a malincuore.
Più d’una volta il fuhrer si espresse in termini positivi nei confronti dell’Inghilterra e che facevano ben comprendere il suo proposito di unire in alleanza i due grandi popoli del nord.
Alcune testimonianze delle convulse fasi della ritirata di Dunkerque riferiscono che "...quando Hitler visitò il quartier generale, ci stupì parlando con ammirazione dell'impero britannico, della necessità della sua esistenza e della civiltà che la Gran Bretagna aveva portato nel mondo. Paragonò l'impero alla chiesa cattolica e disse che erano entrambi elementi essenziali della stabilità del mondo. Asserì inoltre che dalla Gran Bretagna voleva solo il riconoscimento della posizione tedesca nel continente"; "Il Fuhrer è terribilmente nervoso. Spaventato dal successo, non ha il coraggio di sfruttare la situazione e vorrebbe metterci le briglie"; altri raccontano che in una circostanza Hitler, seduto a tavola, esclamò rassegnato " che cosa devo fare per ottenere la loro amicizia"?.
Hess pertanto avrebbe deciso, sulla base di un presunto tacito consenso del suo grande amico, di prendersi la responsabilità di avviare le trattative con il governo di Sua Maestà al fine di ottenere una pace separata, ma le cose gli andarono male, sia in Gran Bretagna, sia in patria, ove la sua missione sconvolse l’opinione pubblica, i gerarchi e soprattutto lo stesso fuhrer, il quale nell’apprendere la notizia sarebbe scoppiato in lacrime.
All’indomani di quella clamorosa missione, Hitler, senza alcun rimpianto o remora, sconfessò pesantemente il suo ex delfino, con un comunicato radio ove fu durissimo, parlando di profonde turbe psichiche dalle quali sarebbe stato afflitto il camerata Hess; dopo anni e anni di simbiosi, terminava dunque brutalmente la profonda unione tra i due personaggi, che avevano vissuto, dalle primissime origini, la parabola ascendente del nazismo, a partire dalla misteriosa ed enigmatica setta esoterica Thule, da cui aveva tratto origine il partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi.
Fin qui la versione più accreditata tra i vari storici, ma ci sono delle correnti minoritarie, tra cui quella autorevole sostenuta dall’architetto Wolf Rudiger Hess, figlio di Rudolf Hess e suffragata dall’illustre storico tedesco, Ulrich Schlie.
In un articolo scritto per la Welt am Sonntag il figlio del numero due del III reich parte dal suo desiderio di far chiarezza sulla morte del padre, che, in luogo del suicidio, sarebbe stato ucciso, proprio per coprire la verità sui misteri legati alla sua missione del 10 maggio 1941.
L’architetto Hess sottolinea innanzitutto come le ultime lettere ricevute dal carcere, non evidenziavano alcun riferimento a propositi di suicidio; ma l’elemento determinante per dimostrare l’assassinio del leader nazista verrebbe dalla seconda autopsia che la famiglia affidò a un autorevole medico legale di Monaco, il professor Wolfgang Spann.
Il dottor Spann, annotò infatti che: "Le risultanze dell'indagine nel caso Hess ci autorizzano a dichiarare che quanto in un primo tempo sostenuto dalle autorità militari britanniche non può essere avvenuto". Le fotografie del cadavere, infatti, "mostrano senza possibilità di dubbio" una grave contraffazione delle prove esibite dagli inglesi: "Il segno lasciato sul collo dalla corda è totalmente orizzontale, mentre nel caso di un suicidio per impiccagione con la corda attaccata alla griglia di una finestra (così fu trovato Rudolf Hess), il segno dovrebbe essere di forma triangolare, e correre dal basso verso l’alto".
Secondo il figlio di Hess, pertanto, la versione inglese, che parla di un suicidio derivante dall’insofferenza per le molestie riservate dai sorveglianti, non convince ed è difficile in realtà dargli torto:
l’ultimo gerarca di Hitler era vigilato 24 ore su 24 da un reparto di 54 persone, all’interno di un carcere, quello di Spandau, che poteva contenere 600 prigionieri e ove questi era l’unico detenuto; senza contare che Hess era ormai un vecchio confuso, pressoché incapace di intendere e di volere e, particolare da non trascurare, indebolito e fiaccato nel fisico dai suoi 93 anni.
Di certo, qualora realmente il vice-fuhrer si fosse tolto la vita, c’è un particolare sorprendente, che denoterebbe un ultimo squarcio di inquietante lucidità, all’interno di una mente ormai assente:
Hess è infatti deceduto il 17 agosto 1987, nel giorno del settantesimo anniversario dalla fondazione della misteriosa società Thule, da cui tutto si originò.
Tornando alla versione di Wolf Hess, che avalla, come sopra riportato, quella dall’illustre storico tedesco, Ulrich Schlie, gli alleati avrebbero pertanto volutamente chiuso la bocca al padre, per impedire che venissero a galla i reali retroscena di quel misterioso volo.
L’architetto sostiene infatti che la missione fu preparata dettagliatamente dal padre e dallo stesso Hitler, i quali avrebbero agito, come ai bei tempi, in perfetta sintonia tra di loro; ciò sarebbe suffragato dal contenuto dell’ ultima lettera inviata da Rudolf al suo fuhrer, scritta quando il piano di una pace separata era ormai svanito"Mio Fuhrer, muoio nella convinzione che la mia ultima missione, quand'anche conclusa dalla morte, porterà dei frutti. Probabilmente il mio volo provocherà, nonostante la mia morte o per l'appunto grazie alla mia morte, la comprensione con l'Inghilterra. Heil Hitler, il vostro fedele H.".
Quale motivo avrebbe dovuto avere Hess per compilare una lettera del genere, diretta ad un uomo profondamente adirato e nella quale non è dato denotare un minimo segnale di pentimento o di scusa?
Hitler sarebbe pertanto stato perfettamente a conoscenza del piano e la sua reazione soltanto una strategia palesemente volta a salvaguardare l’immagine del regime e la sua intransigenza verso i nemici.
Non si può inoltre fare a meno di osservare come il viaggio di Hess, sia avvenuto nell’imminenza dell’"Operazione Barbarossa" contro l’Unione Sovietica di Stalin, considerata il vero obbiettivo della guerra, in forza della lotta al comunismo e dell’applicazione della teoria dello spazio vitale ad est, dell’espansione cioè del popolo ariano verso i territori dell’est Europa, in ragione degli insegnamenti di uno dei personaggi che maggiormente influenzarono, nell’immediato dopoguerra, sia lo stesso Hess che Hitler, ossia il professore di geo-politica Karl Haushofer.
Una pace separata con l’Inghilterra sarebbe stata oro colato per il grande reich, che avrebbe in questo modo avuto l’occasione di attaccare indisturbato il nemico bolscevico, evitando di combattere su due fronti, come avvenne per l’impero di Guglielmo II, durante la prima guerra mondiale.
Si può facilmente supporre che, al fine di attuare questo proposito, Hitler, che non poteva esporsi pubblicamente, avesse bisogno di un uomo cui riservare la più cieca e totale fiducia, di un uomo che non l’avrebbe mai tradito e chi meglio del grande amico e camerata Hess poteva incarnare questa figura? Chi meglio dell’uomo che fin dall’inizio aveva dimostrato ad Hitler, una devozione talmente morbosa da indurlo a seguirlo in prigione rinunciando alla libertà quando, dopo il putsch, riuscì a trovare la fuga? Chi meglio dell’uomo che scrisse di pugno, dietro dettatura, il "mein kampf"?
Hitler scelse pertanto il suo più fedele seguace per eseguire la delicatissima missione di attuare quanto concertato a tavolino, per un piano i cui dettagli resteranno sempre avvolti nel mistero e che ha dato adito a molte supposizioni, alcune delle quali vanno oltre l’ipotesi di una semplice pace con il governo di Sua Maestà.
A conferma di ciò lo stesso Wolf Hess ci fornisce ulteriori particolari circa i dettagli di quello che, secondo lui, era il vero piano elaborato, lo si ripete, dal fuhrer e da suo padre; quel volo non doveva portare, come i più suppongono, ad una trattativa con l’esecutivo inglese in carica, in quanto Churchill avrebbe rifiutato ogni apertura, ma avrebbe avuto il fine di fomentare un vero e proprio colpo di stato, favorente il cosiddetto "gruppo della pace", indirizzato alla conclusione dell’auspicato accordo; tale tesi è stata sponsorizzata anche dallo storico esperto di questioni di spionaggio e intelligence, David Stafford, in "Rudolf Hess: the Flight to Scotland".
Invece lo storico Peter Padfield, autore di "Hess: the Führer’s Disciple", pur concordando con la teoria del perfetta sintonia tra Hess e Hitler circa l’esecuzione di quel viaggio, azzarda l’ipotesi che i due siano stati vittima di un diabolico piano elaborato da un’organizzazione segreta di propaganda creata dal governo inglese e dal nome "Political Warfare Executive", pronta a creare, agli occhi degli stessi, la parvenza di un prossimo colpo di stato a favore del sopraccitato "gruppo della pace", di chiare tendenze filo-naziste e dunque prossimo a cessare le ostilità, in vista di un imminente attacco in massa contro l’Unione Sovietica.
Senza tralasciare le tesi più suggestive, come quella indicata da Stephen Prior, Clare Pcknett e Clive Prince, esposta in una lunga inchiesta a puntate sul quotidiano "Mail on Sunday", in un libro ("Double Standards") ed in un documentario televisivo ("Hitler and Hess"), secondo cui Hess sarebbe morto, nell’agosto 1942, nello stesso incidente in cui perse la vita l’allora Duca di Kent, il fratello più giovane di re Giorgio VI, con cui l’ex camerata della prima ora era da tempo impegnato in colloqui di pace.
La vicenda avrebbe poi raggiunto livelli grotteschi con la sostituzione di Hess con un sosia, per nascondere la reale dinamica dei fatti, ipotesi sostenuta anche da Hugh Thomas, il medico legale che lavorò a Spandau negli anni Settanta.
Secondo le convinzioni del dottor Thomas, Hess sarebbe stato abbattuto dalla RAF, durante il suo volo in Inghilterra e sostituito, per l’appunto da una controfigura, eliminata scientemente a Spandau nell’agosto del 1987, per coprire la verità dei fatti, che, se venuta a galla, avrebbe rivelato la volontà del governo di Sua Maestà di scendere a patti con il III reich.
In questo quadro enigmatico si inserisce pure la componente esoterica che aggiunge pagine di ulteriore mistero alla già misteriosa missione di quel 10 maggio 1941.
Come noto Hess, come Hitler, nell’immediato dopoguerra, ebbe stretti legami con misteriose società esoteriche ed in particolare con la società Thule, cellula embrionale del partito nazional-socialista.
Tutta la vita di Rudolf Hess è contrassegnata dal suo profondo legame con il mondo dell’occulto, anche dopo l’ascesa al potere del fuhrer, fino alla sua morte, avvenuta nel settantesimo anniversario di quella Thule di cui aveva fatto parte; particolare risalto ha avuto pertanto anche l’ipotesi che Hess fosse in contatto con sette esoteriche inglesi, pronte ad aiutare il nazional-socialismo nei suoi propositi di pace separata; in questo inquietante quadro, spunta la macabra figura di Aleister Crowley, la Grande Bestia dell'Ordo Templi Orientis, che avrebbe fatto parte dei personaggi in stretto rapporto con Rudolf Hess.
Quella sconvolgente missione sarebbe stata pertanto accompagnata da motivi sommersi, avvolti dal mistero e talmente pregiudizievoli da indurre le autorità alleate ad organizzare l’uccisione del gerarca nazista, avallata da Wolf Hess, Ulrich Schlie, dal dott. Thomas e sulla quale è intervenuto anche l'ex direttore americano del carcere di Spandau Eugene Bird, la cui testimonianza e le cui parole lasciano poco spazio ad eventuali dubbi:
"Rudolf Hess fu assassinato. Il suo non fu un suicidio. La storiella del suicidio fu assurda. Come poteva un vecchio, ormai incapace persino di allacciarsi le scarpe e di impugnare le posate, appendere una corda vicino al soffitto e passarsela intorno al collo?"
Secondo lo stesso Bird, il delfino di Hitler sarebbe stato strangolato da un guardiano americano di colore, Anthony Jordan, in una baracca del giardino del carcere, distrutta prontamente due ore dopo il fatto.
I mandanti dell’omicidio sarebbero da individuare nei servizi segreti britannici i quali non solo temevano che Gorbaciov, in linea con la sua politica riformista e di disgelo, decidesse di liberare il prigioniero ma anche, come sopra indicato, che venissero alla luce i reconditi e celati, reali motivi della sua missione in Inghilterra, in grado di nuocere all'immagine di Churchill e di svelare verità nascoste riguardanti le vicende del secondo conflitto mondiale.
Queste preoccupazioni avrebbero giustificato l’eccessivo zelo delle autorità alleate in merito alle severissime misure di sicurezza circa la prigionia di un uomo ormai innocuo e pressoché incapace di intendere e di volere:
oltre a vivere in una cella di m. 2,70 x 2,30, che prendeva luce da un’unica finestra, oltre ad essere sorvegliato a vista da un gruppo di oltre 50 guardie, ad Hess erano solo concessi due minuti al mese di colloquio con la moglie e il figlio alla presenza di un guardiano; evidentemente forte era il timore che qualcosa potesse trapelare, sconvolgendo quelle che erano ritenute e sono ritenute tutt’ora certezze ormai acquisite in merito ai drammatici avvenimenti che per ben 6 lunghi anni, sconvolsero il mondo, fino alla caduta del nazional-socialismo.
Rudolf Hess, l’enigmatico Hess, l’iniziato nero del III reich, continua dunque a far parlare di sé, come in vita, anche dopo la sua scomparsa:
quel che è certo è che l’unica ragione della sua esistenza era solo e semplicemente, non tanto il partito nazional-socialista, ma Adolf Hitler stesso, in una contemplazione quasi maniacale, in una devozione assoluta, per la quale immolò la sua stessa libertà, da quel giorno di maggio del 1941, fino alla morte avvenuta nel 1987; in questo quadro di misteri, appare comunque evidente che Hess, anche qualora quell’azione fosse stata concertata con lo stesso Hitler, non tradì mai il suo grande amico, mantenendo fino all’ultimo la consegna del silenzio e non facendo parola con nessuno sugli inquietanti risvolti del suo misterioso viaggio; la sua totale sottomissione all’amato fuhrer rappresenta l’unica certezza di questo macabro quadro così come la sua fedeltà fino alla morte per quanto fatto e compiuto per la gloria dell’aquila nazista.
In attesa dell’apertura, nel 2017, di quel famoso dossier।
Ricerca personale
di Martino Ciano

venerdì 28 settembre 2007

Chiamatemi i Comunisti, Tortora e il PD ovvero i nuovi democristiani (in uscita su Echi dal Golfo di Martino Ciano)



Le grandi battaglie non sono per i pochi ma per i molti ed ognuno deve prendersi le proprie responsabilità affinché le cose cambino. La lotta attiva non si fa con i manifesti o i cambi di partito ma si fa da dentro con le proposte utilizzando qualsiasi mezzo, dal più ortodosso a quello più violento. L’ideologia dei compagni è mutata nel tempo tanto da affidarsi alle mezze frasi fatte che non fanno più tendenza ed il meschino messaggio che il nuovo PD vuole formare è un offesa all’evoluzione dei compagni, anzi è la loro devoluzione. Ciò che più mi rammarica è il loro pugno alzato che ancora li perseguita, per poi abbracciare nel nome della popolarità e della giusta causa la falsa idea della globalizzazione ad opera dei sionisti e dei falsi massoni americani. Il coevo di simboli balordi che ancora albergano nei loro cuori è simile alla rottura dell’Unione sovietica, un popolino di politici che cerca di creare una coscienza collettiva che è simbolo del passato i cui buchi vengono tappati con immagini esterne, di altre ideologie a loro lontane. Ma andiamo con ordine.

1.Il perché di una scelta: L’indegna comunione si è consumata anche nel nostro paese e portatori di questo sono stati sempre loro, i compagni che dovevano difendere a spada tratta il proletariato. Non è sbagliato parlare ancora di classe proletaria, soprattutto a Tortora o in Calabria. La famosa coscienza di classe non si è assolutamente formata ed ancora il padroncino che dona lavoro, è colui che va ringraziato e stimato, qualsiasi stipendio si percepisca , dal più misero al più modesto (perché il giusto non viene mai percepito). Si ringrazia con il capo basso e il rancore soffuso nel cuore. Dove sono in questo caso i comunisti o la sinistra moderata? Dove sono i grandi uomini che dovrebbero farsi portavoce di libertà ed uguaglianza? Non è questa schiavitù? A chi compete la risoluzione di certi problemi? Non preoccupatevi gente: grazie al PD che abbraccerà una linea quasi democristiana anche loro potranno dire che ci penserà Dio stesso a risollevare le vostre sorti, continuate a pregarlo e i vostri affitti o i vostri mutui saranno pagati da lui. Se vostro figlio non ha avuto la possibilità di studiare e deve sottomettersi al sistema, non preoccupatevi, è la volontà di Dio a volere questo e nessun altro. Un contentino misero che ancora fa breccia e ricordate: Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato!

2.I compagni del portafoglio: Il nuovo PD come i vecchi DS, dovevano stare al servizio del popolo, ma cosa hanno fatto per il popolo? Nulla! Tocchiamo il tasto dolente, quel tabù che nessuno smuove che si ha paura di nominare. Il lavoro è un diritto che si acquisisce. Dove sono i comunisti ed i compagni, quando un padre di famiglia firma buste paghe da 1.500 euro e poi ne porta a casa solo 800 o forse 900, lavorando 12 ore al giorno; lavorando senza diritti, senza feste, senza soste. Cosa fanno i compagni quando anche chi ha diritti se ne abusa e caccia fuori la sua vagabondaggine? Cosa dicono ai tanti dipendenti statali che dovrebbero essere raddrizzati perché sono solo poltroni e nulla facenti (non tutti sia ben chiaro, ma si sa che sono sempre i pochi a guastare tutto)? Dove sono i compagni quando quel povero padre o quella povera madre, devono ingoiare lacrime amare, soprusi ed altro, per portare un po’ di dignità ai propri figli? Dove sono i compagni quando il pane costa così caro, tanto caro da valere più della stessa dignità dell’uomo? Cos’è questa fantascienza? Certo che no, la si vede quotidianamente! Ma i compagni mettono solo i loro manifesti. Tanti hanno fatto il salto di qualità. Sono borghesi ormai, occupano posti di rilievo, mangiano alle spalle dello stato sociale (l’unica cosa che sanno fare da comunisti), fanno gli ideologi per il bene di tutti. Ricordo ancora quando ero nei DS, durante la campagna elettorale, parlando con un “compagno sindacalista” gli dissi di inserire nel programma un tema di attualità, quello del lavoro sommerso, di attuare politiche di controllo verso tutti quegli extracomunitari che lavorano per quattro soldi, facendo perdere il posto di lavoro a tanti italiani che con 400euro al mese campano si e no, 2settimane. Inoltre sono loro e solo loro la prima causa di degrado e blocco dell’economia (e senza che mi date del razzista) ma che vengono anche sfruttati, tant’è vero che a guardarli mi si stringe il cuore. Il buon compagno disse “Beh hai ragione ma tocchiamo un tasto troppo dolente, che ci farebbe più perdere che non guadagnare”. Beh come non dargli torto, alla fine anche tra i compagni c’erano forse gli sfruttatori? In fondo romeni e polacchi cosa sono se non ex-comunisti, quindi prima c’era mamma Russia e Ceauçescu, ora ci sono gli italiani comunisti.

3.Dio è morto per aver amato troppo gli esseri umani: Così diceva Nietschze! Quindi anche i comunisti tortoresi hanno scelto il PD, perché il vecchio partito è morto per aver troppo amato l’operaio! Su tortoresi, su Calabria, cominciamo a far valere i nostri diritti. Andiamo in piazza, diamo dimostrazione a tutti di non aver padroni, non andiamo più al nord ma cresciamo qui. Lontano dai codardi che pur di mantenere i loro voti mangiano alle nostre spalle. Le lotte si fanno attivamente, non con i manifesti o le grida, si combatte anche a suon di pugni e calci. Non si deve dare tregua a chi ci comanda, il popolo è sovrano, tutti ne hanno paura. Quando i francesi lo capirono ecco la rivoluzione che tagliò le teste coronate, che mandò via il clero mangione e che era altruista solo per se stesso. Alla fine anche quella degenerò e non servì più a nulla, infatti a noi non ci servono nuovi Robespierre, ma i nuovi Nenni, Berlinguer e Gramsci e perché no anche i nuovi Mussolini e Hitler, perché se ne può dire di tutto ma sempre dal socialismo provengono, ed hanno dato un senso d’appartenenza vero all’individuo riqualificandolo nel ruolo di diritto/dovere, almeno nella prima fase dei loro governi poi anche loro hanno solo fatto danni (ma a tanti questo non interessa dirlo, perché fascismo e nazismo = male dell’umanità. Concezione che si è creata per merito di coloro che hanno solo letto il rosso e mai il nero. Non è meglio leggere entrambi affinché si abbia coscienza nel sottolineare sbagli e cose buone di entrambi?). Oggi si crea solo carne da macello; i compagni non sanno di niente e le loro vomitevoli coalizioni non daranno sbocchi se non ai loro clienti. Questo è oggi il compagno, quello che vive con il mito di Marx in un mondo americanizzato, che spaccia per moderno modelli di società simili a quelli di Cuba, che ancora si emoziona davanti alla falce e martello, strumenti che nessuno più usa, per poi sedersi dietro una scrivania, mangiare il pane del popolo e sbadigliare dicendo che è stanco (forse di non far nulla!). I veri socialisti e comunisti, sono quelli come mio nonno, che andava attaccando manifesti di notte e si è fatto pure 3ore di fermo, i veri socialisti e comunisti non esistono più, si sono ingrassati, si sono arricchiti ed hanno sistemato con la tessera del partito i propri figli; sono imprenditori che sfruttano e la Calabria ne è piena! Basta signori, questa situazione deve finire! Le verità e le certezze bisogna costruirsele, via le ideologie preconfezionate e i partiti! Il popolo non deve avere paura di gridare il suo disappunto, i comunisti e tanti come loro hanno fallito, a Tortora ci sono solo i vecchi con le loro pensioni, i giovani fuggono e a nulla servono i proclami dei nuovi leaders perché nessuno li seguirà mai. Hanno idee inutili, senza modernità, non hanno coraggio! Ci vuole coraggio per dire la propria ci vuole fegato per contestare i soprusi che quotidianamente si vivono. Le poche voci fuori dal coro vengono intimidite perché chi dice una delle tante verità è un problema, anche Cristo diceva la verità delle verità ed infatti l’hanno messo in croce! Basta con la vita da ignavi, basta con il precariato morale che stiamo vivendo! E’ giusto dire che non tutti i compagni sono così, ma come detto i pochi rovinano la piazza ed i molti non facendo nulla per correggerli sono colpevoli anche loro. Anche per il popolo vale questo, i pochi che gridano allo scandalo sono sommersi dalle tante anime silenziose, ma né i pochi, né i molti si raddrizzano a vicenda! Quindi colpevoli tutti, ancora una volta, Tortora e la Calabria è causa del proprio male. Ma io ancora spero!

Omaggio a Giulio Evola



Evola nacque da una famiglia siciliana di nobili origini. Le poche notizie sui suoi anni di formazione si possono ricavare dalla sua autobiografia (Il Cammino del cinabro): «Nella prima adolescenza si sviluppò in me un interesse naturale e vivo per le esperienze del pensiero e dell'arte. Da giovinetto, subito dopo il periodo di romanzi d'avventure, mi ero messo in mente di compilare, insieme ad un amico una storia della filosofia, a base di sunti. D'altra parte, se mi ero già sentito attratto da scrittori come Wilde e D'Annunzio, presto il mio interesse si estese, da essi, a tutta la letteratura e l'arte più recenti. Passavo intere giornate in biblioteca, in un regime serrato e libero di letture. In particolare, per me ebbe importanza l'incontro con pensatori come Nietzsche, Michelstaedter e Weininger.» Si espresse inizialmente nell'arte della pittura, aderendo alle tendenze artistiche più moderne. Entrò in contatto epistolare con Tristan Tzara e divenne uno dei principali esponenti del Dadaismo in Italia. Nell'ambito della poesia entrò in contatto con Gottfried Benn e Filippo Tommaso Marinetti quindi s'interessò al Futurismo. Malgrado i suoi contatti con l'ambiente futurista romano, F.T.Marinetti, dopo aver letto uno scritto del giovane Evola pare abbia detto: Le tue idee sono lontane dalle mie più di quelle di un esquimese. Marinetti non era tanto lontano dal vero. Nel 1917 partecipò alla Prima guerra mondiale come ufficiale di artiglieria, pur essendo affascinato dai grandi imperi come quello austro-ungarico contro cui combatteva. Rientrato a Roma dopo il conflitto attraversò una profonda crisi esistenziale e lui stesso riporta (sempre in Il cammino di cinabro) di essersi deciso a 23 anni al suicidio:«Questa soluzione fu evitata grazie a qualcosa di simile ad una illuminazione, che io ebbi nel leggere un testo del buddhismo delle origini. Fu per me una luce improvvisa: in quel momento deve essersi prodotto in me un mutamento, e il sorgere di una fermezza capace di resistere a qualsiasi crisi.» Questo suicidio mancato fu per Evola il momento di passaggio più significativo: morte all'arte e alla poesia, che infatti abbandonò nel 1921 e nel 1922, e nascita alla filosofia. Terminò nel 1924 la Teoria e Fenomenologia dell'individuo assoluto, che aveva iniziato a scrivere già in trincea e che venne pubblicata in due volumi nel 1927 e nel 1930. In questo testo Evola si interessa delle dottrine riguardanti il sovrarazionale, il sacro e la Gnosi, con l'obiettivo di tentare il superamento della dualità io/non-io. Il suo interesse verso le tradizioni orientali si manifestò in L'uomo come potenza, pubblicato nel 1926, dove compariva una concezione dell'io ispirata dal Tantrismo: l'io si identifica con il mondo percepito e viceversa; l'attaccamento al mondo sensibile costituisce il "velo di Maya", che si deve sollevare per fondersi nell'"Unità". In quest'epoca Evola frequentava i circoli esoterici e spiritualisti romani e partecipava alla vita della Roma notturna, intrattenendo un tempestoso rapporto sentimentale con Sibilla Aleramo (narrato nel romanzo della scrittrice Amo dunque sono del 1927). Iniziò inoltre a interessarsi di politica: nel 1924 partecipò alla redazione di Lo Stato democratico, un testo contemporaneamente antifascista e antidemocratico, e tra il 1924 e il 1926 collaborò a riviste come Ultra, Bilychnis. Ignis, Atanor. Tra il 1927 e il 1929 fu il coordinatore del "Gruppo di UR" , che si occupava di recerche sulle tradizioni extra-europee: un'antologia dei fascicoli editi venne più tardi pubblicata in tre volumi nel 1955-1956, con il titolo Introduzione alla Magia quale Scienza dell'Io. Nel 1928 pubblicò un libro che gli procurò grande fama, Imperialismo pagano, nel quale attaccava violentemente il Cristianesimo e si rivolgeva verso il Fascismo, al quale lo accomunava la volontà di ritrovare l'antica grandezza della civiltà romana, ma che tacciava di eccessiva democraticità. «non ci s'illuda: il fascismo non fa che proclamare tali valori (valori di gerarchia) ma di fatto mantiene una quantità di elementi democratici e borghesi da far paura. Che cosa sia la guerra, la guerra voluta in sé come un valore superiore sia al vincere che al perdere come quella via eroica e sacra di realizzazione spirituale che nella Bhagavadgita si trova esaltata dal dio Krshna, che cosa sia una tale guerra non lo sanno più questi formidabili "attivisti" di Europa che non conoscono guerrieri ma soltanto soldati e che una guerriciola è bastata per terrorizzare e per far tornare alla retorica dell'umanitarismo e del patetismo quando non ancora peggio a quella del nazionalismo fanfarone e del dannunzianismo. La misura della libertà è la potenza: non dovrà essere più l'idea a dar valore e potere all'individuo ma l'individuo a dar valore, potere, giustificazione a un'idea. Volere la libertà è tutt'uno che volere l'impero» Influenzato dalla lettura delle opere di René Guénon, abbandonò in seguito le tesi estremiste dell'Imperialismo pagano a favore del concetto della "Tradizione" e fondò la rivista La Torre, destinata a difendere princìpi sovrapolitici e dunque poco accetta al regime fascista: Evola fu costretto a farsi proteggere da una guardia del corpo e la rivista fu bandìta dopo otto numeri pubblicati. In questo periodo furono pubblicati diversi saggi sul simbolismo tradizionale (La Tradizione ermetica, 1931; Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, 1932; Il mistero del Graal, 1937). Nel 1943 fu pubblicato La dottrina del risveglio, uno studio sull'ascesi buddhista. Nel 1934 apparve la sua opera fondamentale, Rivolta contro il mondo moderno, nella quale tracciò un affresco della storia letta secondo lo schema ciclico tradizionale delle quattro età (oro, argento, bronzo, ferro, nella tradizione occidentale; satva, treta, dvapara, kali yuga, in quella indù) e in cui descrisse la decadenza del mondo moderno. Nelle sue opere Evola pose spesso l'accento sull'unità delle antiche civiltà tedesche e italiane e fece frequenti viaggi in Germania. Per amore verso il mondo germanico cambiò nome da Giulio a Julius. Nel 1938 prese contatto con il nazionalista rumeno Corneliu Codreanu, fondatore della Guardia di Ferro, per il quale ebbe nei suoi scritti parole di ammirazione. Nel 1937 pubblicò Il Mito del Sangue (che ebbe una seconda edizione nel 1942) dove ricostruiva le concezioni sulla razza nelle civiltà antiche e nelle teorie del XVIII secolo, contrapponendole alla versione moderna e biologica del nazismo. Seguì nel 1941 la Sintesi di dottrina della razza. In questi testi espresse le sue concezioni antisemite, non basate su una concezione di razzismo biologico (gli Ebrei non potevano infatti essere considerati secondo Evola una razza, per le mescolanze subite nel corso della storia), ma che opponevano ugualmente a livello tradizionale "Giudei" e "Ariani" (da "Arya", gli antichi Indiani) nel nome di una differenza di "razza spirituale" e propugnavano l'affermazione della razza ariana. Dichiarò che non aveva importanza l'attendibilità storica dei Protocolli dei savi di Sion, il falso opuscolo creato dalla propaganda zarista e largamente diffuso da quella nazista per provare il "complotto giudaico", visto che comunque raccontava una veridicità secondo lui attendibile sugli effetti ebraici di controllo della società (banche, stampa, mercato, politica) attraverso la dissoluzione culturale dall'interno. L'ebraismo è per Evola una colpa senza redenzione: «nemmeno il battesimo e la crocefissione cambia la natura ebraica». Evola non aderì al Partito fascista, e questa mancata adesione gli impedì nel 1940 di arruolarsi come volontario contro l'Unione Sovietica nel corso della Seconda guerra mondiale. Nel 1942 fu pubblicato il suo testo Per un allineamento politico-culturale dell'Italia e della Germania nel quale esprimeva ammirazione per il nazismo tedesco, considerandolo superiore al fascismo, in ragione del coraggio nel risvegliare l'antico spirito ariano e germanico. Critica tuttavia l'incompletezza nell'attuazione di questo programma, non abbastanza radicale e aderente ai principi della "Tradizione": per esempio una difesa della razza improntata giuridicamente ad una sorta di "igiene razziale" e il potere del Führer derivato dal popolo e non un potere regale di origine divina come nell'ideale società ario-germanica delle origini. Si potrebbe definire Evola come un teorico di un tradizionalismo "puro", ideale e più radicale, che avesse la forza di attuare i propri principi e di far trionfare la cultura romana e pagana delle origini a cui dichiarava di ispirarsi. Nutrito di concetti buddhisti, Evola condivise con Martin Heidegger e Carl Schmitt lo stesso progetto di un risveglio della Germania e di rinascimento della "germanicità". Tra l'Unione Sovietica comunista e gli Stati Uniti capitalistici il nazionalsocialismo tedesco gli era sembrato proporre una terza via, preferibile dal suo punto di vista: quella di un impero europeo e pagano sotto la guida egemonica della Germania di Hitler. Evola aderì più tardi alla Repubblica Sociale e intraprese tentativi di influenza sulle SS e sui nazisti tedeschi, compreso lo stesso Heinrich Himmler. Si scoprì poi, nel dopoguerra, dagli archivi delle SS e della Ahnenherbe, che Evola fu, in Germania ed in Italia, sempre sotto stretta sorveglianza, i suoi libri venivano letti ed analizzati minuziosamente, ed un qualsiasi particolare sgradito era sufficiente ad avversare la pubblicazione o la diffusione dell'opera. Le SS gli permisero di intrattenere ruoli culturali solo nei casi in cui ritennero che questo potesse giovare alla propria causa: il sospetto per il tradizionalismo di Evola derivava dal paragone con movimenti tradizionalisti tedeschi come la Konservative Revolution, la quale fu stroncata dai nazisti come "troppo spiritualista" e troppo poco "attiva", come sentenziò lo stesso Goebbels nei suoi diari. Nel 1945 Evola si trovava a Vienna, sicuro di essere protetto dagli dei, si avventurò in una passeggiata durante i bombardamenti che colpirono la capitale austriaca. Venne sbalzato da uno spostamento d'aria: una lesione al midollo spinale gli provocò una paralisi permanente agli arti inferiori. Solo nel 1948, grazie alla Croce Rossa Internazionale, fu trasferito a Bologna e nel 1951 poté rientrare nella sua casa di Roma. Già nel 1950 aveva pubblicato un opuscolo (Orientamenti) nel quale erano sintetizzate in undici punti le sue idee, poi sviluppate nei libri successivi. Nel 1953 pubblicò Gli uomini e le rovine, che eserciterà grande influenza negli ambienti della destra italiana, nel quale spiegava la decadenza del mondo moderno, in seguito alla distruzione del principio di autorità e di ogni possibilità di trascendenza per l'affermarsi del razionalismo, in contrasto con le antiche civiltà e i valori della Tradizione. Nel 1958 uscì la Metafisica del Sesso sulla forza magica e potentissima del sesso, attraverso lo studio dei simboli esteso a numerose tradizioni. Nel 1961 pubblicò ancora Cavalcare la Tigre, in cui proseguiva la sua critica del mondo moderno, offrendo una guida per coloro che pur non sentendo di appartenere interiormente a questo mondo, avessero intenzione di non cedervi psicologicamente né esistenzialmente. Negli ultimi anni visse con una pensione di invalido di guerra, facendo traduzioni e scrivendo articoli. Uno scompenso cardiaco si manifestò nel 1968 e si ripeté nel 1970. Morì nella sua casa romana nel 1974. Nel suo testamento aveva stabilito che il corpo venisse cremato, che non vi fossero cerimonie cattoliche né annunci. Le sue ceneri vennero consegnate alla guida alpina Eugenio David suo compagno di scalate in giovinezza e gettate in un crepaccio del Monte Rosa come stabilito prima della sua morte. Evola fu propugnatore del tradizionalismo, ossia di un modello ideale e sovratemporale di società, attuato storicamente in alcune delle antiche civiltà, caratterizzato in senso aristocratico. Queste antiche società erano suddivise gerarchicamente sulla base della qualità naturale degli individui, di carattere ereditario e genetico dunque, invece che su criteri economici e materiali. In queste società antiche era fondamentale inoltre il senso del sacro, tradotto in simboli e riti ossia la Regalità Divina, la Iniziazione, l' Azione eroica o la Contemplazione, il Rito e la Fedeltà, la Legge tradizionale, la Casta, l'Impero. Questo stato e civiltà ritenuti superiori, basati sulla più elevata sfera metafisica e spirituale invece che sull'ordine fisico e materiale, furono cancellati secondo Evola dalla decadenza attualmente visibile nella civiltà occidentale (secondo lo schema delle quattro età di Esiodo: oro, argento, bronzo e ferro). La distruzione degli antichi valori fu per il filosofo il frutto delle idee illuministiche massoniche espresse nella Rivoluzione Francese e di una visione della realtà basata esclusivamente sull'esperienza corporea, che avrebbe impedito il superamento e la purificazione della natura umana nel divino e la sua liberazione dal divenire contingente. Il pensiero di Evola ha un carattere eroico. Ricercando la metafisica comune a tutte le tradizioni antiche, i suoi scritti si sforzano di ritrovare attraverso l'interpretazione dei simboli delle civiltà la presenza di una antica casta guerriera. Questa, secondo il filosofo, doveva essere collocata in cima alla gerarchia sociale, trascurando le caste sacerdotali e la loro supremazia. Il suo pensiero, pur influenzato da quello di Guénon e di Nietzsche, se ne differenzia tuttavia sino all'incompatibilità (specialmente con Nietzsche). Da Guénon derivava la base della dottrina tradizionale e da Nietzsche la difesa dei valori aristocratici e guerrieri e l'ostilità verso il Cristianesimo. Dalla Tradizione deriva il differenzialismo, ossia la concezione di una naturale diseguaglianza degli esseri umani ovvero delle loro potenzialità innate, che possono o non possono in seguito essere sviluppate. Ne è conseguenza l'antidemocrazia , accompagnata dalla critica al totalitarismo, anch'esso considerato espressione della società di massa. La società propugnata da Evola era dunque profondamente antidemocratica e basata sulla superiorità per nascita degli individui appartenenti alla casta più alta, gli unici in grado di raggiungere una più elevata spiritualità. Il pensiero del filosofo, in virtù dell'avversione all'ugualitarismo, era profondamente e radicalmente anticomunista: Evola in molte sue opere attacca con disprezzo l'ideologia, gli ideologi comunisti e i loro seguaci, considerandoli "subumani", in quanto espressione più bassa e animale dell'umanità. Così come ci sono differenze innate tra gli individui, ci sarebbero secondo Evola differenze tra le razze. La razza interiore di cui parla il filosofo, è definita come un patrimonio di tendenze e attitudini che a seconda delle influenze ambientali giungono o meno a manifestarsi compiutamente. L'appartenenza ad una razza si individua dunque sulla base delle caratteristiche spirituali, e solo in seguito fisiche, diventandone col tempo queste ultime il segno visibile. Evola criticava una concezione razziale che si basasse esclusivamente sui dati naturali e biologici perché, come scriveva, "la razza esiste sia nel corpo, sia nello spirito". La concezione spirituale della vita propria della Tradizione, come potenzialità innata ed ereditaria, sarebbe espressione propria dei ceppi umani superiori, identificati con le popolazioni di origine indoeuropea, pur non essendo propria solo di quelle genti: Evola estese la sua ammirazione a tutte le culture tradizionali, specie orientali e mediorientali. Secondo la concezione aristocratica e gerarchica propria dello spirito tradizionale, la razza tuttavia secondo Evola non potrebbe determinare da sola il valore di un individuo, cosa che livellerebbe tutti gli appartenenti ad un popolo con la democratizzazione del sangue, abbattendo le differenze di casta (per il filosofo necessarie), e introducendo un elemento egualitario. In quest'ambito si inserisce anche l'antisemitismo di Evola, sfumato nella accezione astratta che caratterizza il suo pensiero. Evola si contrappone alla Ebraicità, intesa come tendenza spirituale antitradizionale, la quale si sarebbe manifestata nella storia nel popolo ebraico, convertendo il suo spirito tradizionale degli inizi in una mentalità anti-tradizionale di tipo sovversivo in seguito a vicende di numerose sconfitte e sventure patite nella storia antica. L'importanza attribuita al progresso spirituale in contrapposizione a quello materiale in questa concezione, non impedisce al filosofo di attribuire il carattere di superstizione e irrazionalità al Cristianesimo come religione devozionale, opponendogli invece una conoscenza superiore, con aspetti esoterici (il nocciolo nascosto dalla scorza, concezione influenzata anche dalle tradizioni orientali). Questa conoscenza si raggiungerebbe attraverso un'ascesi che non costituisca tuttavia una mortificazione di sé, ma piuttosto una piena realizzazione dell'Io, secondo la concezione dell'individuo assoluto. Costui non subisce, secondo Evola, i condizionamenti del contingente, ma lo domina e trova autarchicamente in sé il centro di tutto, nel quale è compreso anche il mondo esterno, venendo così a coincidere con il divino. Attualmente il complesso pensiero del filosofo è ancora studiato in molte nazioni e diversi autorevoli studiosi individuano nella speculazione evoliana l'utopia di un profeta disperato e disperante. Nelle opere evoliane emerge la disillusione per una civiltà mondiale, ed europea in particolare, che gli appare irrimediabilmente in rovina, non esistendo a suo avviso una categoria adeguata di persone che possa dirigere la società ideale in modo organizzato e gerarchico. Nell'opera Cavalcare la tigre arriva a proporre una soluzione di tipo anarchico: considerando che non esistono capi eroici per i quali sacrificarsi, afferma, tanto vale orientarsi all'individualismo.

Intervista al Maestro Antonio Condino (dalla Provincia Cosentina di Martino Ciano)



PRAIA A MARE – Il maestro Antonio Condino, pianista ed insegnante presso il vicino conservatorio di Vibo Valentia nonché direttore artistico dell’associazione musicale “Foyers des Arts”, si è dichiarato pienamente soddisfatto dell’andamento del programma estivo stilato da parte dell’associazione. Una scelta ambiziosa, quella di portare nella sfrenata estate, un programma di sola musica classica ma che ha ripagato il coraggio e l’impegno dello stesso staff, merito anche dell’incondizionato appoggio ricevuto dalla nuova amministrazione praiese che ha raccolto la sfida. I concerti si sono comunque tenuti e continueranno a tenersi in un luogo di nicchia come il Museo Comunale di Praia a Mare, rispettando così la solennità delle atmosfere ataviche ma eterne di questa musica immortale. <>. Tra gli artisti che hanno partecipato all’iniziativa troviamo il Maestro Emilio Aversano anche lui detentore della cattedra di pianoforte principale presso il Conservatorio di Vibo Valentia, che si è cimentato nella riproposizione di pezzi classici passando da Mozart, a Beethoven, a Schubert e Chopin. Importante anche la partecipazione del chitarrista, maestro Edoardo Marchese, talentuosa promessa dell’arte chitarristica che si è esibito nella riproposizione di vecchi pezzi del Cinquecento soprattutto di Milan e Mudarra, virtuosi musicisti spagnoli che già all’epoca seppero scrivere pezzi che palesavano sapienza musicale e tecnica strumentale virtuosistica. La riproposizione del maestro si è basata anche su pezzi “più vicini al nostro tempo”, passando da Paganini a Bach, dimostrando una poliedricità inaudita. Per il mese di Agosto hanno trovato spazio anche i concerti per pianoforte a quattro mani di Tatiana Malguina e Rodolfo Rubino ed i concerti del duo Mauro Turtorelli e Luigi Stillo, rispettivamente violino e pianoforte. Ultimo appuntamento per Agosto quello del duo Petrucci e Condino, rispettivamente voce e pianoforte, che si terrà nella stessa sede il 19 Agosto. <>. Una denuncia, quindi, a quella esterofilia diffusa tipica della Calabria che spesso e volentieri allontana dalla propria terra gli astri nascenti, favorendo nomi blasonati ma non per questo simbolo di qualità. Un viaggio alla riscoperta di sonorità, come detto, lontane ma sempre attuali; un’iniziativa che miete e mieterà proseliti anche tra chi s’identificherà come semplice curioso.

Intervista a Massimo Cecconi (Provincia Cosentina Martino Ciano)


PRAIA A MARE – Per tutto luglio ed agosto si terrà la mostra d’arte “Libertà, Colore, Spirito” del maestro Massimo Cecconi accademico, pittore, scultore romano che inizia la sua strada nel lontano 1960 collaborando con il maestro Luigi Servolini. Dopo gli studi accademici a Roma, il Cecconi, pone nelle sue opere il discorso poetico e colorista avvicinandosi a correnti metafisiche e figurative. Nei suoi lavori si sente l’autentico e sviscerato amore per l’uomo ed il suo dramma esistenziale e tutto questo si legge nelle sue spatolate, che ferma sulla tela con tonalità contenute e sempre in armonia con la prorompente luminosità di cui queste si caratterizzano. Come ha voluto ribadire Vito Riviello, critico d’arte, nelle opere di Cecconi si legge un certo amore verso quella natura sempre più umiliata dal neoconsumismo e facendo di ogni sua pittura una confessione pubblica. Un misto d’emozioni contrastanti, dunque, che generano stati d’animo diversi nell’osservatore, lasciandolo a metà strada tra lo stupore e l’inganno prima di abbandonarlo nella lunga strada verso la ricerca del significato intrinseco dell’opera. Nella sua lunga carriera il maestro Cecconi ha ricevuto riconoscimenti in tutto il Mondo e ha costruito la sua fama grazie a collaborazioni illustri con notissimi pittori dell’arte contemporanea quali Ugo Attardi, Ennio Calabria, Renzo Vespignani. Ha esposto in molte manifestazioni culturali, dalla sala Protomoteca in Campidoglio dove ricevette il primo premio dell’Accademia Nazionale Città Eterna dal suo maestro Servolini; sino all’esposizione su richiesta della RAI alla manifestazione “Concerto senza Tempo” presso il Pavillon di Villa Miani. Difensore acerrimo del ruolo dell’artista “come colui che deve aprire i cuori chiusi di coloro che non hanno ricevuto dalla natura il dono del senso artistico”, il maestro Cecconi dimostra anche le sue perplessità verso un Mondo che inibisce più che stimolare l’arte in tutte le sue sfumature rendendo così difficile la sua divulgazione in terre aride, in cui l’artista è mero sognatore di se stesso più che uomo tra gli uomini capace d’insegnare, senza presunzione, che tutto esiste e vive in noi. “Questa ostilità verso l’arte – continua Cecconi - ha prodotto un artista non più libero nonostante egli possa oggi sputare o fare a pezzi una tela e considerarla opera, ma seguace di teorie che gli vengono incollate sulla pelle che lo rendono meno libero di un artista rinascimentale a cui le opere venivano commissionate. Tale ostilità viene costruita da quel binomio pubblico – privato che dovrebbe avere la forza di commissionare opere che diventino patrimonio della società, che sanno testimoniare che la vita in fondo è a colori e non in bianco e nero. L’artista quindi è sognatore di un mondo che non c’è più. Diventa come diceva Brecht colpevole di dipingere un fiore mentre l’uomo uccide l’uomo”. E’ proprio all’interno di questa coraggiosa denuncia che crea scandalo, che le opere del maestro prendono forma e vigore; una continua fuga da quella realtà che troppe volte traccia le sue opere di colori ombrosi e privi di luminosità.